Ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna.
Io sono un cretino che la Madonna non l’ha vista mai.
Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla.
San Giuseppe da Copertino, guardiano di porci,
si faceva le ali frequentando la propria maldestrezza e le notti, in preghiera,
si guadagnava gli altari della Vergine, a bocca aperta,
volando.
I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise,
sanno anche volare e riposare a terra come una piuma.
I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso,
e invece di posare ricadono come se un tale, avendo i piombi alle caviglie e volendo disfarsene,
decide di tagliarsi i piedi e si trascina verso la salvezza, tra lo scherno dei guardiani,
fidenti a ragione dell’emorragia imminente che lo fermerà.
Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono,
quelli che volano sono essi stessi il volo.
Chi vola non si sa.
Un siffatto miracolo li annienta: più che vedere la Madonna,
sono loro la Madonna che vedono.
È l’estasi questa paradossale identità demenziale che svuota l’orante del suo soggetto
e in cambio lo illude nella oggettivazione di sè, dentro un altro oggetto.
Tutto quanto è diverso, è Dio.
Se vuoi stringere sei tu l’amplesso,
quando baci la bocca sei tu.
Divina è l’illusione.
Questo è un santo.
Così è di tutti i santi, fondamentalmente impreparati,
anzi negati.
Gli altari muovono verso di loro, macchinati dall’ebetismo della loro psicosi
o da forze telluriche equilibranti - ma questo è escluso -.
È così che un santo perde se stesso, tramite l’idiozia incontrollata.
Un altare comincia dove finisce la misura.
Essere santi è perdere il controllo, rinunciare al peso, e il peso è organizzare la propria dimensione.
Dove è passata una strega passerà una fata.
Se a frate Asino avessero regalato una mela metà verde e metà rossa,
per metà avvelenata, lui che aveva le mani di burro, l’avrebbe perduta di mano.
Lui non poteva perdersi o salvarsi, perchè senza intenzione,inetto.
Chi non ha mai pensato alla morte è forse immortale.
È così che si vede la Madonna.
Ma i cretini che vedono la Madonna, non la vedono, come due occhi che fissano due occhi attraverso un muro:
un miracolo è la trasparenza. Sacramento è questa demenza,
perchè una fede accecante li ha sbarrati,
questi occhi, ha mutato gli strati - erano di pietra gli strati - li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista.
Uno sguardo. O l’uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo.
I cretini che vedono, vedono in una visione se stessi, con le varianti che la fede apporta:
se vermi, si rivedono farfalle, se pozzanghere nuvole, se mare cielo.
E davanti a questo alter ego si inginocchiano come davanti a Dio.
Si confessano a un secondo peccato. Divino è tutto quanto hanno inconsciamente imparato di sè.
Hanno visto la Madonna. Santi.
I cretini che non hanno visto la madonna, hanno orrore di sè, cercano altrove,
nel prossimo, nelle donne - in convenevoli del quotidiano fatti preghiere - e questo porta a miriadi di altari.
Passionisti della comunicativa, non portano Dio agli altri per ricavare se stessi,
ma se stessi agli altri per ricavare Dio. L’ umiltà è conditio prima.
I nostri contemporanei sono stupidi,
ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare.
Si prega così oggi. Come sempre.
Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all’assoluto comunque.
Essere più gentile dei più gentili.
Essere finalmente il più cretino.
Religione è una parola antica.
Al momento chiamiamola educazione.
Se si vuole davvero cambiare qualcosa, bisogna cominciare a cambiare sé stessi, andare contro sé stessi fino in fondo. Il massimo impegno civile è l'auto-contestazione.
Io sono un cretino che la Madonna non l’ha vista mai.
Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla.
San Giuseppe da Copertino, guardiano di porci,
si faceva le ali frequentando la propria maldestrezza e le notti, in preghiera,
si guadagnava gli altari della Vergine, a bocca aperta,
volando.
I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise,
sanno anche volare e riposare a terra come una piuma.
I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso,
e invece di posare ricadono come se un tale, avendo i piombi alle caviglie e volendo disfarsene,
decide di tagliarsi i piedi e si trascina verso la salvezza, tra lo scherno dei guardiani,
fidenti a ragione dell’emorragia imminente che lo fermerà.
Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono,
quelli che volano sono essi stessi il volo.
Chi vola non si sa.
Un siffatto miracolo li annienta: più che vedere la Madonna,
sono loro la Madonna che vedono.
È l’estasi questa paradossale identità demenziale che svuota l’orante del suo soggetto
e in cambio lo illude nella oggettivazione di sè, dentro un altro oggetto.
Tutto quanto è diverso, è Dio.
Se vuoi stringere sei tu l’amplesso,
quando baci la bocca sei tu.
Divina è l’illusione.
Questo è un santo.
Così è di tutti i santi, fondamentalmente impreparati,
anzi negati.
Gli altari muovono verso di loro, macchinati dall’ebetismo della loro psicosi
o da forze telluriche equilibranti - ma questo è escluso -.
È così che un santo perde se stesso, tramite l’idiozia incontrollata.
Un altare comincia dove finisce la misura.
Essere santi è perdere il controllo, rinunciare al peso, e il peso è organizzare la propria dimensione.
Dove è passata una strega passerà una fata.
Se a frate Asino avessero regalato una mela metà verde e metà rossa,
per metà avvelenata, lui che aveva le mani di burro, l’avrebbe perduta di mano.
Lui non poteva perdersi o salvarsi, perchè senza intenzione,inetto.
Chi non ha mai pensato alla morte è forse immortale.
È così che si vede la Madonna.
Ma i cretini che vedono la Madonna, non la vedono, come due occhi che fissano due occhi attraverso un muro:
un miracolo è la trasparenza. Sacramento è questa demenza,
perchè una fede accecante li ha sbarrati,
questi occhi, ha mutato gli strati - erano di pietra gli strati - li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista.
Uno sguardo. O l’uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo.
I cretini che vedono, vedono in una visione se stessi, con le varianti che la fede apporta:
se vermi, si rivedono farfalle, se pozzanghere nuvole, se mare cielo.
E davanti a questo alter ego si inginocchiano come davanti a Dio.
Si confessano a un secondo peccato. Divino è tutto quanto hanno inconsciamente imparato di sè.
Hanno visto la Madonna. Santi.
I cretini che non hanno visto la madonna, hanno orrore di sè, cercano altrove,
nel prossimo, nelle donne - in convenevoli del quotidiano fatti preghiere - e questo porta a miriadi di altari.
Passionisti della comunicativa, non portano Dio agli altri per ricavare se stessi,
ma se stessi agli altri per ricavare Dio. L’ umiltà è conditio prima.
I nostri contemporanei sono stupidi,
ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare.
Si prega così oggi. Come sempre.
Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all’assoluto comunque.
Essere più gentile dei più gentili.
Essere finalmente il più cretino.
Religione è una parola antica.
Al momento chiamiamola educazione.
Se si vuole davvero cambiare qualcosa, bisogna cominciare a cambiare sé stessi, andare contro sé stessi fino in fondo. Il massimo impegno civile è l'auto-contestazione.
L'Europeo, 1968
Per uno che voglia fare l'attore, vale di più un anno di prigione che un anno di scuola: in prigione s'impara di più e ci si annoia molto meno.
Travail Théâtral, 1976
Il cosiddetto critico teatrale, questo signor malinteso o vice-equivoco può impunemente perseverare nella sua ostinata e inconcepibile sopravvivenza solo a condizione che un'altra analoga, squallida figura non scompaia: il regista.
Paese sera, 1978
Un teatro che si capisce è la prima garanzia non essere teatro.
Cos'è il teatr0, 1990
L'arte è sempre stata borghese, idiota, mentecatta, soprattutto cialtrona e puttanesca e ruffiana. L'arte deve essere incomunicabile, deve solamente superare se stessa.
Maurizio Costanzo Show, 1994
Non bisogna produrre capolavori, bisogna essere capolavori.
Maurizio Costanzo Show, 1994
Quando parlo di Dio lo intendo nel senso che Nietzsche invidiava a Stendhal: Dio ha una sola scusa, non esiste.
Maurizio Costanzo Show, 1994
Su questa terra ognuno di noi è un deserto senza limiti e perciò non cerchi fratellanze.
Maurizio Costanzo Show, 1994
Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento.
Autografia di un ritratto, 1995
Il culto della donna gravida, della puerpera e della mamma, è la più manicomiale abiezione della razza umanoide. Questa efferata "matrice" preferirei ammetterla come madre di Dio, purché fosse disposta a dimettersi come matrice dell'uomo.
Vita di Carmelo Bene, 1998
I nostri politici e il Vaticano fingono che Dio esista, ma non c'è Dio che ci ha creato. È l'uomo che ha creato Dio e può distruggerlo quando gli pare.
La Stampa, 1998
L'arte è quasi sempre consolatoria, decorativa. Di quest'arte non so che farmene.
Avvenimenti, 1999
La coscienza è la scoperta che noi non siamo, siamo un divenire ma non siamo un essere.
Avvenimenti, 1999
Nelle aristocrazie il principe non si fa eleggere, è lui che elegge il suo popolo. In democrazia il popolo è bastonato su mandato del popolo.
L'Espresso, 2000
Ci sono cose che devono restare inedite per le masse anche se editate.
L'Espresso, 2000
Da quando è per le plebi, l'arte è diventata decorativa, consolatoria. L'abuso d'informazione dilata l'ignoranza con l'illusione di azzerarla. Del resto anche il facile accesso alla carne ha degradato il sesso.
L'Espresso, 2000
Il corpo implora il ritorno all'inorganico. Nel frattempo non si nega nulla.
L'Espresso, 2000
Ormai il pubblico a teatro applaude soltanto per pietà, nella giusta convinzione che, con un po' di prove, quelli in platea farebbero meglio di quelli in scena.
la Repubblica, 2000
Dio è nelle nostre mani, in poche parole. Ancora non si riesce a rovesciare questo fatto. Non è Dio che crea noi, ma è sempre l'uomo che ha creato Dio.
Lo Straniero, 2002
Il novantanove per cento di me è contento di morire, ma c'è un uno per cento a cui invece rode. E io, quell'uno, proprio non lo capisco.
Io Donna, 2002
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