ORTENSIA HA DETTO: “ME NE FREGO”
di Georges Feydeau
Personaggi:
FOLLBRAGUET, dentista
MARCELLA FOLLBRAGUET, sua
moglie
VILDAMOUR, paziente
IL SIGNOR GIOVANNI,
assistente di Follbraguet
ADRIANO, segretario di
Follbraguet
LEBOUCQ, paziente
ORTENSIA, cameriera
LA SIGNORA DINGUE, paziente
LA CUOCA
Scene:
Gabinetto dentistico in casa
di Follbraguet. In fondo, porte a destra e a sinistra. Fra le due porte, al
centro della parete, un lavabo. A destra, in secondo piano, porta imbottita. In
primo piano, contro il muro, su un tavolino, un’autoclave. A sinistra, il
caminetto. Al di là, porta che immette nelle stanze della signora Follbraguet.
Mobilio: a destra della scena, un tavolino-scrivania disposto
perpendicolarmente alla ribalta. Fra il muro e la scrivania, poltrona da
ufficio. Mobilio a piacere. Nel bel mezzo della scena, davanti alla buca del suggeritore
e di fronte al pubblico, la poltrona odontoiatrica. A sinistra della poltrona,
un mobiletto con cassetti, montato su piedini, nel quale sono gli strumenti e i
medicamenti. Nelle vicinanze, il trapano. A destra della poltrona, la
sputacchiera col tubo di vetro per aspirare la saliva dei pazienti.
ATTO UNICO
SCENA PRIMA
FOLLBRAGUET, VILDAMOUR, poi
ADRIANO, poi MARCELLA, poi il SIGNOR GIOVANNI
All’alzarsi del sipario, Vildamour è seduto sulla poltrona
odontoiatrica con una salvietta attorno al collo e la bocca imbavagliata da un
quadrato di gomma nera, in mezzo al quale appare soltanto il dente da curare.
Il Pezzo di gomma è fissato al lati della bocca da una pinza, collegata a una
sorta di elastico di gomma che gira attorno alla nuca. Per completare il
supplizio, alla piega sinistra della bocca l’aspiratore della saliva prima
indicato. Follbraguet è all’1, a destra di Vildamour, che è al 2, e armeggia
nella bocca di questi col trapano.
VILDAMOUR - (scalpitando) Ooooohoh-ohi.
FOLLBRAGUET - (intento nel sito lavoro) Un po’ di
pazienza! Ne ho ancora per poco! Aprite la bocca!
VILDAMOUR - (dolorosamente) Ooh-oh-oh.
FOLLBRAGUET - (sempre lavorando) Non fateci caso.
Pensate a cose allegre.
VILDAMOUR - (in maniera incomprensibile, a causa del
bavaglio) Eh!… i… a… e-o a i-o! (Che
significa, Per quanto è possibile capire: Eh! Si fa presto a dirlo)
FOLLIBRAGUET. Non muovetevi,
per favore. Aprite la bocca… Non vi faccio male, ve lo assicuro, non vi faccio
male.
VILDAMOUR - (gemendo)
Oooh-oh-oh.
FOLLBRAGUET - Ma no, ma no;
se devo farvi male, vi avverto prima.
VILDAMOUR - (angosciato) Oh! oh!
FOLLBRAGUET - Non abbiate
paura! (Si ferma per cambiare strumento)
VILDAMOUR - I-I… a-e u a-o i
o-e-e, oi! (Sì! Sì! Fate un sacco di
promesse, voi!)
FOLLBRAGUET - (che ha preso un altro strumento) Ecco!
Aprite la bocca… bene… attenzione!
VILDAMOUR - (impallidendo) Oa? (Cosa?)
FOLLBRAGUET - Non abbiate
paura… ora vi dovrò fare un pochino di male.
VILDAMOUR - (inquieto) Ah? (Bruscamente) Oh!
FOLLBRAGUET - Vedete? Non vi
ho preso a tradimento. No, no, non girate la testa… oh!
VILDAMOUR - (esausto) A-e-a-e! A-e-a-e u o-e-o! (Aspettate, aspettate un momento) Ah! A-o
io! Ah! (Santo Dio!)
FOLLBRAGUET - Ecco, è
finito. È finito.
VILDAMOUR - Ah! a-o io! oi o
a-e-e o-a uo i-e, oi! È a-e-o-o… e-a e i i-a-o a-a-a-o i e-e-o. A! A! I a-i-a a
uo-e… È e-i-i-e! (Ah! Santo Dio, voi non
sapete cosa vuol dire, voi! È spaventoso… sembra che vi stiano trapanando il
cervello. Zan! Zan! Vi arriva al cuore… È terribile)
FOLLBRAGUET - (meccanicamente) Sì, sì, signore! Sì!
VILDAMOUR - O o i a i-e-a-o
i a i e-i, a e-e e-e-e u a-i-a-e o-u-o! (Non
so chi ha inventato il mal di denti, ma deve essere un animale fottuto!) O
ià a-u-o, ue a-i a, u a i e-i o-e ue-o, e-ò ue-a o-a… (Ho già avuto, due anni fa, un mal di denti come questo, però quella
volta…)
FOLLBRAGUET - (avvicinandosi, con uno strumento
all’estremità del trapano) Su! Aprite la bocca!
VILDAMOUR - Oh! A-o-a i
a-a-o! (Oh! Ancora il trapano!)
FOLLBRAGUET - Una
sciocchezza! Roba da ridere! (Agisce)
Vedete? Non vi faccio male.
VILDAMOUR - (con convinzione) Hi! (Sì!)
FOLLBRAGUET - È per il
vostro bene… Ecco… Ecco, vedete? Vi state abituando; aprite la bocca! Vi basterebbe
ritornare per otto giorni di seguito e non potreste più farne a meno.
VILDAMOUR - (gemendo) Oh! Oh!
Oh!
FOLLBRAGUET - No, no, è
un’idea. Ecco, è finito! (Continuando
ugualmente) È finito…
VILDAMOUR - Oh! Oh!
FOLLBRAGUET - È finito,
ecco! (Si ferma)
VILDAMOUR - (alzandosi) Ah!
FOLLBRAGUET - Aspettate!
Aspettate non ho finito!
VILDAMOUR - (sedendosi di nuovo) I-e e-e e a-e-e
i-i-o e oi o i-i-e ai! (Dite sempre che
avete finito e poi non finite mai!)
FOLLBRAGUET - (che durante le battute precedenti ha acceso
un fornellino a spirito e vi scalda sopra il soffietto ad aria calda) Ora
non è niente. Non abbiate paura! Aprite la bocca.
VILDAMOUR - (ad ogni colpo di soffietto) Ah! Ah! Ah!
FOLLBRAGUET - Fatto!
VILDAMOUR - Oh! O-è a-e-o-e! (Oh! com’è
sgradevole!)
FOLLBRAGUET - (animatamente) Non chiudete la bocca!
Tenetela bene aperta! (Avvolge un
batuffolo di cotone attorno a un bastoncino d’acciaio e dopo averlo imbevuto di
una sostanza medicamentosa, contenuta in una fialetta, lo introduce nel dente
che ha preparato) Ecco! Non è poi così terribile! (Scioglie la fascia di gomma, toglie l’aspiratore e tende un bicchiere,
riempito per un quarto di acqua e dentifricio) Sputate!
VILDAMOUR - (obbedisce e dopo essersi sciacquala la
bocca) Grazie… siete molto gentile… quanto mi avete torturato!
FOLLBRAGUET - (dirigendosi verso la scrivania) Ma no,
ma no! È mettendovi in mente queste cose che sentite male! Dunque! Voi tenete
la medicazione per un giorno o due, poi tornate qui che vi metto l’oro. (Sfogliando l’agenda) Vediamo un po’…
che appuntamenti ho? Aspettate… dopodomani alle cinque, siete libero?
VILDAMOUR - Dopodomani alle
cinque? No, ho un appuntamento!
FOLLBRAGUET - Ah, ah! (Si appresta a cercare un altro giorno)
Allora, vediamo…
VILDAMOUR - Oh! Ma va
benissimo! Devo vedere un creditore. Resterà con un palmo di naso. È
un’occasione d’oro.
FOLLBRAGUET - Benissimo!
Dunque, (scrivendo) undici febbraio,
ore cinque, signor Vildamour. Non dimenticatevi.
VILDAMOUR - Vedete bene che
non dimentico niente, dal momento che ricordo un appuntamento con un creditore.
(Pausa) Bene. (Pausa) Sapete? Mi fa ancora male.
FOLLBRAGUET - (indifferente) Sì, sì.
VILDAMOUR - Sembra che non
vi faccia né caldo né freddo.
FOLLBRAGUET - Non mi fa né
caldo né freddo perché è nell’ordine delle cose. Soffrirete per un quarto
d’ora, poi il dolore andrà diminuendo. Ho appena praticato il foro, ci vuole un
po’ di tempo prima che il dolore scompaia.
VILDAMOUR - Ah!
FOLLBRAGUET - (mentre parla va a premere il tasto di un
campanello elettrico) Però, se il dolore continua, tornate pure. Vedrò di
farvi passare fra un appuntamento e l’altro.
VILDAMOUR - Oh! Siete il
dentista più cortese che ci sia. Comunque, non è da oggi. Quando parlo di voi,
sapete… potete chiedere in giro… dico sempre: ah, il mio dentista, è un
fenomeno. Ha una mano… È un piacere, non si sente assolutamente niente.
FOL.LBRAGUET - (lusingato) Ah! E che cosa vi
rispondono?
VILDAMOUR - Mi rispondono: «
Anche il mio! ».
FOLLBRAGUET - (intiepidito) Ah!
ADRIANO - (comparendo sul fondo) Signore?
FOLLBRAGUET - Accompagnate
il signore! Intanto dite al signor Giovanni di venire qui… (A Vildamour) A dopodomani alle cinque, dunque.
VILDAMOUR - D’accordo.
FOLLBRAGUET - E poi tenete
la bocca coperta. Badate di non prendere freddo al dente! Ma voi mi portate via
la salvietta! (Posa la salvietta sullo
schienale della poltrona odontoiatrica. Adriano apre la porta per lasciare
passare Vildamour: si vede in anticamera Marcella che sta disputando con
Ortensia. Parlano tutt’e due assieme)
MARCELLA - E adesso basta!
Quando dico una cosa è quella! Non mi si risponde che non è vero.
FOLLBRAGUET - Cosa, cosa?
Cosa c’è?
VILDAMOUR - (passa davanti a Marcella, seguìto da
Adriano) Scusate, signora!
MARCELLA - (con rapidità e seccamente) Buongiorno,
signore!
FOLLBRAGUET - L’anticamera
non è il posto adatto per discutere con le persone di servizio, specialmente
nelle ore di visita.
MARCELLA - (irrompe nello studio di Follbraguet e porge
a questi un manicotto che ha in mano) Caro, ti dispiacerebbe toccare?
FOLLBRAGUET - Ti ho detto
che l’anticamera…
MARCELLA - Ebbene! In
anticamera io non ci sono! Sono nel tuo studio. Ti dispiace toccare?
FOLLBRAGUET - (toccando macchinalmente) Ma perché? Ah!
Cos’è? È bagnato.
MARCELLA - (trionfante) Ah! Lo senti anche tu che è
bagnato!
ORTENSIA - (rimasta nel vano della porta) Non ho
mai detto il contrario.
FOLLBRAGUET - (fiutandosi macchinalmente le dita) Beh,
e poi? È acqua.
MARCELLA - Acqua? Eh! È
acqua, secondo te?
FOLLBRAGUET - Diamine! Dal
momento che è bagnato!
ORTENSIA - Ecco!
MARCELLA - È pipì di gatto!
FOLLBRAGUET - (furioso) Oh! Sei disgustosa!
MARCELLA - Proprio non
capisci niente.
FOLLBRAGUET - (V a lavarsi le mani al lavabo) E tu me
lo fai toccare!
ORTENSIA - Ma no, signore! È
la signora che pretende assolutamente che la mia gatta sia andata… a perdere
ogni ritegno sul suo manicotto! Ora, essendo noto universalmente che la mia
gatta non va mai nel resto dell’appartamento mi domando come abbia potuto
farlo.
MARCELLA - Ma perdinci,
basta fiutare! (A Follbraguet) Toh,
fiuta!
FOLLBRAGUET - Ma no!
SIGNOR GIOVANNI - (compare a destra, è in divisa da lavoro,
giacca bianca di tela) Avete chiesto di me, signor Follbraguet?
FOLLBRAGUET - (asciugandosi) Sì.
MARCELLA - (tendendogli il manicotto) Signor
Giovanni, volete dirmi che odore ha?
FOLLBRAGUIET. Ah! No, ti
prego.
MARCELLA - Ti prego anch’io,
non influenzarlo!
SIGNOR GIOVANNI - (fiutando per compiacenza) Non mi piace
tanto, questo odore.
MARCELLA - Non è questo che
vi chiedo. Che odore è?
FOLLBRAGUET - (mentre il signor Giovanni fiuta a lungo)
È matta!
SIGNOR GIOVANNI - È
eucaliptus.
MARCELLA - (ritirando vivacemente il manicotto, che
spazzola il naso del signor Giovanni) No, signore, è pipì di gatto.
SIGNOR GIOVANNI - (asciugandosi il naso) Non mi piace
tanto, questo odore.
MARCELLA - (a Ortensia) Come vedete, sono d’accordo
tutti. Non mi direte più ora…
FOLLBRAGUET - (spingendole fuori) Sì, ebbene, pipì o
non pipì, mi farete il santo piacere di continuare le vostre liti altrove e non
nel mio studio. C’è gente che aspetta e non ha nessun bisogno di assistere alle
vostre beghe!
MARCELLA - (continuando a discutere mentre, assieme a
Ortensia, si lascia spingere fuori) Non mi direte più che non è stata la
gatta…
ORTENSIA - Oh! La signora mi
scusi! Ma la signora non mi farà dire una cosa contraria alla verità.
MARCELLA - Vi prego di stare
zitta! Non ammetto che mi si risponda quando dico una cosa…
FOLLBRAGUET - Insomma, porco
cane! Lasciatemi lavorare in pace! (Spinge
le donne fuori dallo studio e chiude la porta. Si sente, dietro la porta, che
la discussione continua, allontanandosi)
FOLLBRAGUET. Oh! È
spaventoso che non si possa avere un momento di tranquillità. (Al signor Giovanni) Cosa volevo dire?
Sì… c’è gente di là?
SIGNOR GIOVANNI - Non c’è
più nessuno. C’era la signora Otero poco fa; le sta spuntando un dente del
giudizio.
FOLLBRAGUET - Guarda,
guarda!
SIGNOR GIOVANNI - Ho inciso
1a gengiva per facilitare l’eruzione.
FOLLBRAGUET - Benissimo.
Sempre carina?
SIGNOR GIOVANNI - Caspita!
FOLLBRAGUET - Perché non me
l’avete detto? Mi sarebbe piaciuto vederla.
SIGNOR GIOVANNI - Eravate
occupato con un cliente; allora l’ho presa io.
FOLLBRAGUET - Non perdete
mai un’occasione, voi!
SIGNOR GIOVANNI - Oh! Signor
Follbraguet, la signora Otero e io non ci abbiamo pensato… né l’uno né l’altra.
FOLLBRAGUET - (Ironico) Oh!
SIGNOR GIOVANNI - (solenne) Ve lo giuro!
FOLLBRAGUET - Sì, sì,
d’accordo! Volevo dire! Bisognerebbe passare da coso… quello che ci fornisce
l’amalgama…
SIGNOR GIOVANNI - Bringuet.
FOLLBRAGUET - Sì, per dirgli
che l’ultima fornitura non vale niente. Le ultime otturazioni che ho fatto si
sgretolano tutte e vengono via; non è serio, deve cambiarci il prodotto.
SIGNOR GIOVANNI - Bene,
signore.
FOLLBRAGUET - Ecco, tutto
qui.
SIGNOR GIOVANNI - D’accordo,
signore.
SCENA SECONDA
Gli stessi, MARCELLA, poi
ORTENSIA
MARCELLA - Ti prego, caro…
FOLLBRAGUET - Oh! Ancora tu!
MARCELLA - Come? Se non c’è
nessuno!
FOLLBRAGUET - Scusami, c’è
gente che aspetta.
MARCELLA - Bene! Può
aspettare! Quando uno ha mal di denti, aspetta. Ti prego di licenziare Ortensia
sui due piedi.
FOLLBRAGUET - Oh! Cosa c’è
ancora?
MARCELLA - Le ho fatto
un’osservazione e lei mi ha risposto: « Me ne frego! ».
FOLLBRAGUET - Beh! Fa’ anche
tu la stessa cosa!
MARCFLLA. E tu ammetti una
cosa del genere? Tu ammetti che lei mi risponda: « Me ne frego! ».
FOLLBRAGUET - Vuol dire che
prende le cose con filosofia. (Risatina
soffocata del signor Giovanni)
MARCELLA - Cosa avete da
ridere voi?
SIGNOR GIOVANNI - Oh!
Niente, signora.
MARCELLA - (a suo marito) Oh! Che spirito. Del
resto non mi meraviglio. Tutti sanno che non t’importa niente se mi insultano.
È proprio perché sanno che non ho nessuno che sappia farmi rispettare che si permettono…
FOLLBRAGUET - Ma no, cosa
vai a cercare? Se tu non fossi così opprimente con quella ragazza…
MARCELLA - Ah, io sono
opprimente. Io sono opprimente! Ma benissimo!
SIGNOR GIOVANNI - Posso
andare, signore?
FOLLBRAGUET - Sì, signor
Giovanni. Capisco bene che questa discussione non vi interessi!
SIGNOR GIOVANNI - Oh! Non è
questo!
FOLLBRAGUET - Non avete
bisogno dì scusarvi… andate pure, signor Giovanni, andate! (Il signor Giovanni esce)
MARCELLA - Vedi? Vedi cosa
succede? Anche questo qui, come vuoi che mi rispetti, se hai tutta l’aria di
prendermi in giro di fronte a liti?
FOLLBRAGUET - Come? Non ti
ha mica mancato di rispetto!
MARCELLA - No, ma lo farà.
Difendi, difendi quella ragazza!
FOLLBRAGUET - Ma non la
difendo mica.
MARCELLA - Bene, d’ora in
avanti saprò che i miei manicotti servono da cuccia alle gatte della donna di
servizio. (Torna verso il fondo)
FOLLBRAGUET - Ah! No, ti
prego! Basta con questa storia della gatta! Fatene una fricassea e che non se
ne parli più.
MARCELLA - Insomma, la vuoi
mandare via, sì o no?
FOLLBRAGUET - Oh! Come sei
noiosa!
MARCELLA - (ritorna verso il fondo e chiama)
Ortensia! Ortensia!
FOLLBRAGUET - No! Ti prego!
Ti prego!
MARCELLA - Ortensia!
ORTENSIA - (da fuori) Signora?
FOLLBRAGUET - Oh! Che vita!
MARCELLA - (a Ortensia, che compare) Entrate che il
signore vi mette alla porta!
FOLLBRAGUET - Ma niente affatto!
Niente affatto!
MARCELLA - Ma sì, sì, come
no!
FOLLBRAGUET - Oh!
MARCELLA - Ho appena
riferito al signore il modo con cui vi siete permesso di parlarmi. È indignato!
FOLLBRAGUET - (scalpitando) Ah, è esasperante.
MARCELLA - Ecco! Sentite? Il
signore dice che è esasperante!
ORTENSIA - Lo dice davvero
per me, il signore?
MARCELLA - Non vorrete
insinuare che lo dice per me!
ORTENSIA - Non lo so.
MARCELLA - Hai sentito? Hai
sentito come mi parla? Ma insomma, dì qualcosa! Abbi il coraggio di dire le
cose in faccia alla gente!
FOLLBRAGUET - Ma cosa vuoi
che dica?
MARCELLA - Qui c’è una
ragazza che a una mia osservazione ha risposto: « Me ne frego! ». Tu lo ammetti?
FOLLBRAGUET - (senza convinzione) No…
MARCELLA - E allora, se non
l’ammetti, dimostralo e mandala via! (Pausa)
E allora?
FOLLBRAGUET - Beh! Aspetta,
no?
ORTENSIA - Mi dispiacerebbe,
naturalmente, lasciare la casa, per il signore che è sempre stato buono con me,
ma se il signore lo esige…
FOLLBRAGUET - Anche voi,
ragazza mia. Chissà in che modo avete detto alla signora: « Me ne frego! ».
MARCELLA - Non si tratta di
sapere in che modo: non ci sono molti modi di dire: « Me ne frego! ». Io non
ammetto che una donna di servizio usi nei miei confronti queste espressioni da
carrettiere. Mi ha detto« Me ne frego! »? Bene! E tu frega lei e sbattila
fuori. Punto e basta.
FOLLBRAGUET - (a Ortensia) E va bene! Cosa volete,
figlia mia, visto che la signora ci tiene tanto, vi sbatto fuori.
ORTENSIA - Bene, signore. (Pausa) Rimpiangerò il signore, che è
sempre stato buono con le persone di servizio.
MARCELLA - Sì, va bene!
Andate a prendere il libretto, che vi paghiamo. (Ortensia esce)
SCENA TERZA
FOLLBRAGUET, MARCELLA, poi
ADRIANO, poi la SIGNORA DINGUE
FOLLBRAGUET - (appoggiato alla scrivania) Perché
strapazzi quella ragazza, solo perché mi ha detto una parola gentile?
MARCELLA - Sì, naturalmente!
Tu ti lasci accalappiare. Se non capisci che è un’altra impertinenza nei miei
confronti… devo concludere…
FOLLBRAGUET - Oh! Tu vedi
machiavellismi dappertutto.
MARCELLA - E tu sei un
debole! Sì, un debole! Ah! Che rammollito!
FOLLBRAGUET - Si capisce!
Quando uno non è del tuo parere, è un rammollito. (Sentendo bussare) Avanti!
ADRIANO - Il signore non
dimentichi che in salotto c’è sempre una persona che lo attende.
FOLLBRAGUET - Cosa volete
che vi dica? La signora non vuole lasciarmi in pace un momento!
MARCELLA - Questo sì che è
tatto! Questo sì che è tatto!
FOLLBRAGUET - Ma è la
verità! (Ad Adriano) Fate entrare la
persona.
MARCELLA - Che rammollito! (Esce a sinistra)
FOLLBRAGUET - Sì, Sì,
d’accordo. (Vedendo entrare la signora
Dingue) Accomodatevi, signora.
SIGNORA DINGUE - (ad Adriano, che si tira da parte)
Scusate! (Adriano esce)
FOLLBRAGUET - Avevate
appuntamento?
SIGNORA DINGUE - No,
dottore. È la prima volta che vengo. Disgraziatamente il mio dentista è morto.
D’altra parte non ho fortuna coi dentisti, è il terzo che perdo!
FOLLBRAGUET - Ah! Non è
incoraggiante.
SIGNORA DINGUE - Oh! questo
non vuol dire niente. Comunque vedremo.
FOLLBRAGUET - Grazie,
signora.
SIGNORA DINGUE - So che
siete il dentista di un mio caro amico. Mi ha mandato lui, il signor Bienassis.
FOLLBRAGUET - Ah!
SIGNORA DINGUE - Lo
conoscete bene?
FOLLBRAGUET - Certamente, ho
una causa con lui.
SIGNORA DINGUE - Ah! Questo
non me l’ha detto.
FOLLBRAGUET - Oh! Mi deve
dei soldi, tutto qui.
SIGNORA DINGUE - Oh! Allora
non è grave! Il denaro non fa la felicità.
FOLLBRAGUET - Sì, c’è solo
da chiedersi come mai i ricchi ci tengano tanto!
SIGNORA DINGUE - Ah! Questo
poi! Ma noi chiacchieriamo e vi faccio perdere tempo! Ecco, caro dottore, quel
che mi è capitato. Oh! Un guaio da poco, mangiando delle lenticchie… I
domestici sono così poco coscienziosi nel loro lavoro! Hanno lasciato una
pietruzza e mi sono rotta un dente.
FOLLBRAGUET - Ah! Peccato!
Se non vi dispiace accomodarvi…
SIGNORA DINGUE - Molto
volentieri. (Siede sulla poltrona
odontoiatrica)
FOLLBRAGUET - (apprestandosi a guardare) Qual è il
dente rotto? (Fa salire la poltrona)
SIGNORA DINGUE - Ora ve lo
faccio vedere. (Estraendo una dentiera
dalla sua borsa a rete) Eccolo qui!
FOLLBRAGUET - Ah, ah!
SIGNORA DINGUE -
Naturalmente, resti fra di noi!
FOLLBRAGUET - Oh! Segreto
professionale!
SIGNORA DINGUE - (contemplando la dentiera) Sono carini,
no? (Cenno di approvazione con la testa
da parte di Follbraguet) È l’ultimo lavoro del povero defunto.
FOLLBRAGUET - Ah! Sì!
L’ultimo dentista… prima di me.
SIGNORA DINGUE - Sì. Gli
avevo chiesto un lavoro speciale… Non so se siete del mio parere, ma
l’attrattiva principale di una donna, secondo me, è di avere dei bei denti.
FOLLBRAGUET - Tanto più che
costano.
SIGNORA DINGUE - Non è vero?
FOLLBRAGUET - Non sarà un
dentista che vi dirà il contrario. (Fa
abbassare la poltrona)
SIGNORA DINGUE - Oh! Dove
sto andando?
FOLLBRAGUET - Non
preoccupatevi. Siete già arrivata.
SIGNORA DINGUE - Che
squisitezza!
FOLLBRAGUET - Dio mio,
signora, si tratta di rimettere un dente… Però ci vorrà qualche giorno. Avete
fretta?
SIGNORA DINGUE - Oh! Mi
rimane la dentiera numero due, quella di tutti i giorni, e mentre aspetto…
FOLLBRAGUET - Già, questa è
la dentiera della festa.
SIGNORA DINGUE - Oh! No,
odio mettermi in ghingheri! Però, quando vado a un ricevimento o a un pranzo
importante… Ma non ho in previsione ricevimenti o pranzi importanti.
FOLLBRAGUET - Allora,
benissimo! (Aprendo la porta imbottita)
Signor Giovanni, per favore.
SIGNOR GIOVANNI - (da fuori) Vengo subito, signore.
FOLLBRAGUET - (dietro la scrivania, aprendo l’agenda)
Se volete darmi il vostro nome e indirizzo…
SIGNORA DINGUE - Dingue…
Isa… Isa Dingue, rue Bugeaud 8.
FOLLBRAGUET - (terminando di scrivere) Signora Isa
Dingue… rue Bugeaud 8… Riparazione « Gnam, gnam, gnam ».
SIGNORA DINGUE - Come,
riparazione « Gnam, gnam, gnam »?
FOLLBRAGUET - Sì, lo scrivo
per me; io capisco. Voi non ci tenete, evidentemente, che qualcuno, aprendo per
caso la mia agenda, ci trovi scritto: « Signora Dingue, riparazione della
dentiera »…
SIGNORA DINGUE - Ah! No!
FOLLBRAGUET - Ecco perché «
Gnam, gnam, gnam »; io so cosa vuol dire e i profani non capiscono.
SIGNORA DINGUE - Ah!
Veramente geniale.
FOLLBRAGUET - Sì, lo faccio
sempre in questi casi… Non siete la sola. (Sfogliando
l’agenda) Ecco qua… Signora Rethel-Pajon. « Gnam, gnam, gnam », aggiungere
un incisivo.
SIGNORA DINGUE -
Rethel-Pajon? La moglie del signor Armando Rethel-Pajon?
FOLLBRAGUET - Precisamente.
SIGNORA DINGUE - Oh! La
conosco molto bene. Come, ha la dentiera?
FOLLBRAGUET - (smarrito) Sì… eh? No! no!
SIGNORA DINGUE - Ma allora,
il « gnam, gnam, gnam »?
FOLLBRAGUET - (animatamente) È un errore, non è lei.
SIGNORA DIN GUE. Oh! Non
abbiate timore, sarò discreta.
FOLLBRAGUET - Oh! Vi prego,
non abusate del momento di sbadataggine che ho avuto. Del resto, discrezione
per discrezione… voi mi capite.
SIGNORA DINGUE - Sì, sì! Ah!
Non avrei mai creduto, ho sempre tanto ammirato i suoi denti!
FOLLBRAGUET - (inchinandosi) Siete davvero troppo
indulgente.
SIGNORA DINGUE - Ah! Sono
vostri?
FOLLBRAGUET - Sono miei.
SIGNORA DINGUE - Siete un
artista!
SIGNOR GIOVANNI - Mi avete
chiamato, signor Follbraguet?
FOLLBRAGUET - (premendo il bottone del campanello
elettrico) Sì, per la signora; ma dove l’ho messa?
SIGNORA DINGUE - Che cosa?
FOLLBRAGUET - La dentiera… (Cerca nelle tasche) Ah! L’avevo messa
in tasca. (Porgendo la dentiera al signor
Giovanni) Ecco!
SIGNOR GIOVANNI - (senza alcuna malizia) Ah!
SIGNORA DINGUE - Come « Ah
»?
FOLLBRAGUET - Bisogna
rimettere il secondo molare superiore di sinistra…
SIGNOR GIOVANNI - Benissimo!
FOLLBRAGUET - Mi raccomando,
faccia un lavoro molto accurato. È la dentiera fine.
SIGNOR GIOVANNI - Bene,
signore. La signora ha un giorno speciale per il bridge?
SIGNORA DINGUE - Il bridge?
Quale bridge? Io non gioco a bridge…
SIGNOR GIOVANNI - No, è per
la…
FOLLBRAGUET - (alla signora Dingue) Sì, la chiamiamo
anche bridge.
SIGNORA DINGUE - Ah! Non lo
sapevo.
FOLLBRAGUET - (congedandolo) Bene, signor Giovanni…
Ora fisso l’appuntamento alla signora… (Giovanni
esce portando con sé la dentiera)
ADRIANO - (entrando) Il signore ha suonato?
FOLLBRAGUET - (ad Adriano, che è comparso sulla porta di
sinistra) Accompagnate la signora.
ADRIANO - Bene, signore.
SIGNORA DINGUE - Grazie,
dottore. (Va prendere il suo manicotto
sulla scrivania)
FOLLBRAGUET - C’è ancora
gente di là?
ADRIANO - Nessuno per il
momento, ma Ortensia è in anticamera che aspetta di parlare al signore.
FOLLBRAGUET - (con un gesto di malumore) Ah! (Dopo una pausa) D’accordo, quando la
signora è uscita.
SIGNORA DINGUE - Allora,
dottore, per quando?
FOLLBRAGUET - Che cosa
signora?
SIGNORA DINGUE - Il mio «
gnam, gnam, gnam ».
FOLLBRAGUET - (comprendendo) Ah!
ADRIANO - (fra i denti, ironicamente) Toh!
FOLLBRAGUET - Oh! Fate conto
sette o otto giorni, ve la manderò a casa.
SIGNORA DINGUE - D’accordo,
dottore, arrivederci
FOLLBRAGUET - I miei
rispetti, signora. (Sul vano della porta)
Venite, voi.
SCENA QUARTA
FOLLBRAGUET, ORTENSIA
ORTENSIA - Signore, ho
portato il libretto.
FOLLBRAGUET - Bene, date
qua! (Prende il libretto e va a sedersi
alla scrivania)
ORTENSIA - Come il signore
può vedere, arriva fino al 30 gennaio; rimane quindi il conto dal primo al nove.
FOLLBRAGUET - (scorrendo il libretto) Bene, bene!
ORTENSIA - Più quindi il mio
mese che parte dal 16, fa un mese meno sette giorni, più gli otto giorni a cui
ho diritto, fa un mese e un giorno, in tutto sessantadue franchi…
FOLLBRAGUET - È spaventoso.
Le cose inutili che ci sono qui dentro!
ORTENSIA - (piccata) Caspita! sSono le spese della
signora.
FOLLBRAGUET - Sì, oh! Lo so
bene…
ORTENSIA - Oh! Lo so bene
che il signore lo sa bene!
FOLLBRAGUET - Ma guardate
qua! Tulle, tulle, veletta, tulle, tulle, tulle, tulle, veletta, tulle. Ma cosa
ne fa di tutto questo tulle?
ORTENSIA - Fronzoli!
FOLLBRAGUET - Qui cosa c’è?
ORTENSIA - (avvicinandosi a Follbraguet) Scusate… (Leggendo) Lòdano.
FOLLBRAGUET - (Un po’ ironico) Ah!
ORTENSIA - Non ho una bella
calligrafia.
FOLLBRAGUET - Oh! Non è
questo!
ORTENSIA - Nella mia
condizione, vero?
FOLLBRAGUET - Laudano, sì,
sì. Perché l’avete comprato, ce l’abbiamo qui.
ORTENSIA - Fu una sera che
il signore era uscito. La signora doveva fare un cataplasma e siccome non aveva
il lòdano mi ha mandato dal farmacista.
FOLLBRAGUET - Sì, dopotutto…
(Leggendo) Lavanda 75 centesimi;
amido 80. Eh? Come, come? Cosa avete scritto qui?
ORTENSIA - (dando un’occhiata) Pene di struzzo.
FOLLBRAGUET - Ah! Ma si
scrive con due enne.
ORTENSIA - Ah, sì? Può darsi.
FOLLBRAGUET - In tutto, sono
ottantasei franchi e venti centesimi, più sessantadue, fanno centoquarantotto
franchi e venti centesimi. Scrivete: « Ricevo a saldo di ogni mia spettanza,
centoquarantotto franchi e venti centesimi; per quietanza » e la vostra firma.
ORTENSIA - Oh! Oh! Se il
signore volesse scrivere lui, con tutte queste parole straniere… da sola non me
la caverei mai.
FOLLBRAGUET - D’accordo… (Scrive)
ORTENSIA - Il signore mi può
rilasciare il benservito?
FOLLBRAGUET - (mentre scrive) Oh! Non oggi, ve lo
faccio domani. (Terminando di scrivere)
Centoquarantotto franchi e venti! Nove febbraio 1915. Ecco, scrivete sotto, per
quietanza, e firmate.
ORTENSIA - (prendendo la penna) Sì, signore.
FOLLBRAGUET - No, no! «
Quietanza » è una parola sola! (Scandendo)
P-e-r, poi, staccato, q-u-i-e-t-a-n-z-a!… Con la q.
ORTENSIA - Mi sono
dimenticata di mettere la maiuscola.
FOLLBRAGUET - Tanto non
serve. Firmate.
ORTENSIA - (firma) Ecco.
FOLLBRAGUET - (alzandosi) Vado a prendere la somma che
vi devo.
ORTENSIA - Spero che il
signore non mi serberà rancore.
FOLLBRAGUET - Sì… ah! C’era
proprio bisogno di combinarmi questo guaio!
ORTENSIA - Mi dispiace
molto, ma se la signora non mi avesse detto…
FOLLBRAGUET - Non vi avesse
detto che cosa?
ORTENSIA - Che la mia gatta
aveva fatto…
FOLLBRAGUET - Ah! La vostra
gatta. Cosa ve ne importa della gatta? Non vorrete mica avere dell’amor proprio
per la gatta! Non è né vostra madre né vostra sorella. Non è il caso di farne
un affare Dreyfus!
ORTENSIA - Il signore deve
comprendere… siamo domestiche ma non per questo dobbiamo lasciarci dire
qualsiasi cosa!
FOLLBRAGUET - Bell’affare!
Ma è inutile, è più forte di voi! Dovete sempre rispondere.
ORTENSIA - Insomma, il
signore sa bene com’è la signora. Usa un certo tono quando vi rivolge la parola!
FOLLBRAGUET - Non lo nego…
ORTENSIA - Il signore
dovrebbe saperlo già per conto suo. Basta pensare al modo con cui la signora,
tratta il signore…
FOLLBRAGUET - Sì, oh! Beh,
io…
ORTENSIA - E davanti a noi!
Tanto che ci sentiamo a disagio.
FOLLBRAGUET - Sì, oh! Lo so
bene…
ORTENSIA - Ne parlavamo
ancora ultimamente in cucina: Adriano era indignato.
FOLLBRAGUET - Ah!
ORTENSIA - Diceva, perché
Adriano è una persona che non parla a vanvera, ma sa giudicare, diceva: « Veramente,
ammiro il signore. Con una donna come la signora, io non sarei rimasto nemmeno
ventiquattro ore ».
FOLLBRAGUET - Cosa volete…
ORTENSIA - E quel modo,
ancora ieri, quando servivo a tavola, di dare al signore tutti quei titoli… di
chiamarlo cappone.
FOLLBRAGUET - E non è vero!
ORTENSIA - Ma io non lo so,
signore, e non devo saperlo.
FOLLBRAGUET - Ah! Sì, ma il
fatto è che…
ORTENSIA - Cappone! Sono
cose da dire davanti ai domestici?
FOLLBRAGUET - Già!
ORTENSIA - Come vuole,
signore che i domestici poi la rispettino? « Cappone »!
FOLLBRAGUET - Sì, questo è
vero…
ORTENSIA - Ah! Se i padroni
sapessero il torto che fanno a se stessi, quando si comportano in questo modo!
I domestici si mettono forse a parlare delle loro faccende davanti ai padroni?
Ah! No! Mica scemi!
FOLLBRAGUET - Sì. Ah! È
Proprio una disgrazia, sentite, che non possiate dire tutte queste cose a mia
moglie.
ORTENSIA - È difficile!
FOLLBRAGUET - Gliele ho
ripetute fino alla nausea… Ma è più forte di lei… Appena ci sono degli spettatori,
si ha l’impressione che si senta stuzzicata… Se per disgrazia le dico una cosa
che le dispiace, non so, che non mi piace il suo vestito o che è pettinata
male… Apriti cielo! Ne vengono fuori di tutti i colori, su di me e sulla mia
famiglia: « Ah! Naturalmente, preferiresti che io avessi l’aspetto di una
sgualdrina, come tua sorella! ».
ORTENSIA - E Dio sa che la
sorella del signore…
FOLLBRAGUET - Insomma,
eravate presente anche voi l’altro giorno, quando mi ha fatto quella scenata… (Senza transizione) Sedetevi.
ORTENSIA - Sì, signore.
FOLLBRAGUET - A proposito
del suo vestito… che non le do i soldi per prendersi gli abiti, e che non aveva
niente da mettersi.
ORTENSIA - È insensato!
FOLLBRAGUET - Insomma, voi
ne sapete qualcosa. Sapete quanto mi costano, in ogni momento, le fatture… E
per che cosa? Futilità, cianfrusaglie, come nel vostro libretto.
ORTENSIA - Tulle, tulle,
tulle, veletta, tulle, tulle, tulle.
FOLLBRAGUET - Già.
ORTENSIA - Però, anche il
signore, perché si lascia sopraffare?
FOLLBRAGUET - Cosa volete
che faccia?
ORTENSIA - Dire una buona
volta: « Ora basta! Ti do tanto per i vestiti e non un soldo di più! ».
FOLLBRAGUET - Facile… Ma quando arrivano i conti, la roba è comprata.
ORTENSIA - Ebbene, si dice:
« Mi dispiace ma non pago ». La seconda volta, la signora capisce.
FOLLBRAGUET - (assorto) Evidentemente…
ORTENSIA - Il signore è
troppo buono, e si fa mettere i piedi sulla testa.
FOLLBRAGUET - Cosa volete?
Per avere la tranquillità, ci si rimette di tasca propria…
ORTENSIA - Ah! Se è per
questo!
FOLLBRAGUET - Già! È quello
che avreste dovuto fare anche voi… invece di ostinarvi a discutere.
ORTENSIA - Evidentemente il
signore ha un carattere migliore del mio.
FOLLBRAGUET - La signora è
uno zolfanello, d’accordo, ma se non le si tiene testa… Sono convinto che
domani… quando vi vede al vostro posto… non si ricorda nemmeno che vi ha
licenziata.
ORTENSIA - Sì, ma il signore
deve capire… servire in queste condizioni…
FOLLBRAGUET - No, sentite!
Sentite! In questo avete torto! Siete voi in questo momento che siete maldisposta!
ORTENSIA - Vedere che non si
riconosce mai niente di quel che uno fa! Insomma, signore, un esempio; quando
sono entrata a servizio dalla signora, avevo chiesto settanta franchi… La
signora mi ha detto: « No, sessanta e se dopo sei mesi sono contenta di voi, vi
aumento di dieci franchi ». Per non fare discussioni, ho accettato.
FOLLBRAGUET - E allora?
ORTENSIA - Bene, sono qui da
otto mesi e la signora non mi ha ancora dato l’aumento.
FOLLBRAGUET - Se ne sarà
dimenticata..
ORTENSIA - No, no! Gliel’ho
ricordato e lei mi ha risposto: « Sì, sì, avremo tempo di parlarne ».
FOLLBRAGUET - Oh! Beh. Se si
tratta di dieci franchi…
ORTENSIA - Oh! So bene che
il signore non è la persona che me li rifiuta.
FOLLBRAGUET - È chiaro che
dieci franchi non sono una gran somma.
ORTENSIA - Mille grazie,
signore.
FOLLBRAGUET - Di che?
ORI’ENSIA. Dei dieci
franchi.
FOLLBRAGUET - Ah! Sì… va
beh… Però, vi prego cercate di moderarvi! Evitate le scenate; mi mandano su
tutte le furie. Preferirei qualsiasi altra cosa, piuttosto.
ORTENSIA - Sì, signore!
FOLLBRAGUET - Vado a
prendere il vostro denaro, visto che avete firmato la ricevuta…
ORTENSIA - Se il signore lo
desidera… (Bussano alla porta)
FOLLBRAGUET - (al momento di uscire) Avanti!
SCENA QUINTA
Gli stessi, la CUOCA
CUOCA - Sono io, signore.
FOLLBRAGUET - Cosa fate in
giro? Perché non siete in cucina?
CUOCA - Ho aiutato la
signora a vestirsi, perché non ha nessuno. È la signora che mi manda.
FOLLBRAGUET - Sì, va bene,
subito. (Esce a destra, dalla porta
imbottita)
CUOCA - (appena Follbraguet è uscito) Allora?
ORTENSIA - Cosa?
CUOCA - Allora, te ne vai?
ORTENSIA - No.
CUOCA - Credevo che ti
avessero mandata via.
ORTENSIA - Sì.
CUOCA - Per aver detto alla
signora: « Me ne frego! ».
ORTENSIA - Sì.
CUOCA - E allora?
ORTENSIA - Il signore mi ha
dato un aumento di dieci franchi.
CUOCA - (sbalordita) Eh?
FOLLBRAGUET - (rientrando) Beh, siete ancora qui?
CUOCA - La signora mi ha
incaricato di chiedere al signore…
FOLLBRAGUET - Che cosa
ancora?
CUOCA - Di chiedergli se la
cosa era fatta.
FOLLBRAGUET - (guardando Ortensia scuotendo la testa, come
per dire: « Eh? Incredibile! », poi alla cuoca) Sì, va bene. Dite alla
signora che glielo dirò io.
CUOCA - Bene, signore. (Esce)
SCENA SESTA
ORTENSIA, FOLLBRAGUET, poi
MARCELLA
FOLLBRAGUET - (con un ghigno) Non demorde! (Ortensia fa un gesto a significare che
conosce la situazione da lungo tempo) Dunque, figliola mia… dicevamo
centoquarantotto franchi e venti centesimi… Innanzitutto ecco i venti
centesimi… Poi centoquarantotto; da 48 a 60… Avete il resto di 60 franchi?
ORTENSIA - Sì, signore. (Estrae il portamonete e ne cava due
franchi) Ecco signore i due franchi.
FOLLBRAGUET - No, no! Da
quarantotto a sessanta sono dodici franchi.
ORTENSIA - Ma ci sono i
dieci franchi di aumento.
FOLLBRAGUET - Ah! I… sì… sì…
effettivamente, i…
ORTENSIA - Grazie, signore.
MARCELLA - (irrompe e scorge Ortensia che, seduta, si
alza quando Marcella entra) Ah? È così? Facciamo conversazione, adesso?
FOLLBRAGUET - Eh? No! Stavo
facendole le mie osservazioni.
MARCELLA - E la fai sedere,
per questo?
FOLLBRAGUET - È una cosa un
po’ lunga… A conti fatti, sai, è una brava ragazza… e in fondo al cuore…
MARCELLA - Questo non
c’entra… l’hai pagata?
FOLLBRAGUET - (turbato) Si… sì, l’ho pagata… Per
questo, l’ho pagata… (A Ortensia) Non
è vero?
ORTENSIA - Sì, signore.
MARCELLA - E allora, cosa
aspetta per andarsene?
FOLLBRAGUET - Cosa aspetta…
sì, sì, certo: cosa aspetta? Per l’appunto si parlava… mi diceva un gran bene
di te… che sei una signora molto distinta.
MARCELLA - Troppo buona. Chi
le ha chiesto il suo parere?
FOLLBRAGUET - Nessuno… non è
per questo che mi stava dicendo… Solo, bisogna riconoscere che spesso hai un
modo così perentorio di parlare…
MARCELLA - Eh?
FOLLBRAGUET - Con me, per
esempio… È chiaro che in fondo tu non sei cattiva… Però, come mi diceva lei: ci
sono cose che non si devono dire di fronte ai domestici.
MARCELLA - Ah? E tu vai a
chiedere ai domestici cosa pensano di me?
FOLLBRAGUET - No, no, è
saltato fuori così, nella conversazione… Come… come, per esempio, nevvero? Le
avevi promesso un aumento di dieci franchi… Quindi, siccome le avevi promesso…
MARCELLA - E allora?
FOLLBRAGUET - E allora, le
ho detto che glieli avrei dati.
MARCELLA - (con un balzo) Eh?
FOLLBRAGUET - Penso che tu
mi approverai…
MARCELLA - Ah! È meraviglioso!
Io ti dico di mandarla via e tu le aumenti la paga di dieci franchi!
FOLLBRAGUET - Ascolta…
MARCELLA - No, no, basta!
Dal momento che non sono più padrona in casa mia! Dal momento che fra la mia
donna di servizio e me, tu dai ragione alla mia donna di servizio… Benissimo;
so quel che mi resta da fare.
FOLLBRAGUET - Ma non
inalberarti subito così, Dio mio! Oh!
MARCELLA - Oh! Io
m’inalbero… Solo, prendo la decisione che la mia dignità mi ordina. Ti lascio.
FOLLBRAGUET - Marcella,
senti…
MARCELLA - No, no, è
inutile! Me ne vado…
FOLLBRAGUET - Ah! Ma sì,
vattene, alla fine! Io non ti trattengo…
MARCELLA - (tornando verso il fondo) Non aver
paura, non me lo faccio dire due volte. Ah! No, perdinci!
FOLLBRAGUET - (a Ortensia) Che carattere! (Ortensia approva alzando gli occhi al
cielo)
ORTENSIA - Il signore è un
santo!
MARCELLA - (venendo avanti) E ti lascio anche la
mia camera. Ci puoi sistemare Ortensia; così ce l’hai vicina e ti sarà più
facile andare a letto con la tua cameriera!
FOLLBRAGUET - Cosa?
ORTENSIA - Che dice la
signora?
MARCELLA - Addio! (Esce a sinistra)
FOLLBRAGUET - È pazza! È
completamente pazza!
ORTENSIA - Ah, no! Ah, no!
Non ammetto che mi si parli in questo modo!
FOLLBRAGUET - Ma non fateci
caso…
ORTENSIA - Sono soltanto una
domestica, ma non per questo si ha diritto di parlarmi a questo modo!
FOLLBRAGUET - Certo! E
questa è la mia vita, ragazza mia, questa è la mia vita…
ORTENSIA - Può darsi che sia
la vita del signore; ma non sarà la mia! Me ne vado, signore! Me ne vado!
FOLLBRAGUET - Che inferno,
mio Dio! Che inferno! (Bussano alla
porta) Avanti!
SCENA SETTIMA
Gli stessi, ADRIANO,
LEBOUCQ, poi il SIGNOR GIOVANNI
ADRIANO - Signore, c’è una
persona che è venuta per un gonfiore.
FOLLBRAGUET - Ah! Che
seccatura!
ADRIANO - (vedendo Ortensia che viene frignando verso
il fondo) Cos’hai?
ORTENSIA - (scostandolo leggermente, ma di malumore, e
passandogli davanti per uscire) Niente, lasciami stare!
ADRIANO - Ma no, perché?
ORTENSIA - (da fuori) Niente…
FOLLBRAGUET - Oh! Oh! Oh! (Ritorna fino alla porta di fondo, il cui
battente è rimasto aperto) Cosa volete, signore?
LEBOUCQ - (con un fazzoletto legato attorno alla
faccia) Signore, soffro… Ho la guancia tutta gonfia!
FOLLBRAGUET - (arrabbiato) Sì, questo si vede!
Sedetevi lì! E toglietevi il fazzoletto… (Si
dirige al lavabo e riempie il bicchiere con acqua e dentifricio)
LEBOUCQ - (obbedendo) Sì, signore! (Siede. Dopo una pausa) Tutto dipende,
credo, dall’essere andato a teatro, ieri; c’era una corrente d’aria.
FOLLBRAGUET - Sì, signore!
Questo non interessa, nel nostro caso.
LEBOUCQ - Ah! Bene!
FOLLBRAGUET - (posando il bicchiere sul mobile che sta
accanto alla poltrona) Aprite la bocca! (Scalpitando,
mentre Leboucq obbedisce) Oh! Ma adesso basta! È ora di finirla!
LEBOUCQ - Come?
FOLLBRAGUET - No! Niente!
Aprite la bocca!
LEBOUCQ - (indicando il dente) È questo!
FOLLBRAGUET - Sì, beh, è un
dente guasto!
LEBOUCQ - (Con angoscia) Oh! Allora…
FOLLBRAGUET - Bisogna
toglierlo.
LEBOUCQ - Non potete
conservarlo?
FOLLBRAGUET - Perché? Non
faccio mica la raccolta…
LEBOUCQ - No, conservarlo a
me.
FOLLBRAGUET - Oh! Se vi
preme tanto, tenetevelo
LEBOUCQ - Oh! Come siete
sgarbato!
FOLLBRAGUET - (cercando uno strumento nel letto) Ah!
Se foste al mio posto! Aprite la bocca! (Gli
introduce lo strumento in bocca e si accinge a strappargli il dente)
LEBOUCQ - Ah! Ah! Ah!
FOLLBRAGUET - (tirando) Ma non gridate! Sono già
abbastanza nervoso! Issa!
LEBOUCQ - Oh!
FOLLBRAGUET - Oh, ecco! È grazioso, il vostro spunzone! Vi consiglio di tenervelo caro. (Mette il dente in una scatoletta simile a
una scatola di pillole)
LEBOUCQ - (ansimando) Oh! Porco cane! Oh! Porco
cane!
FOLLBRAGUET - Su!
Sciacquatevi la bocca!
LEBOUCQ - (che è lì lì per svenire) Ah! (Beve il contenuto del bicchiere)
FOLLBRAGUET - Ma non è da
bere, accidenti!
LEBOUCQ - (come sopra) Ah! Lasciatemi… Ah!
Lasciatemi!
FOLLBRAGUET - Su! Su! Non
vorrete mica sentirvi male?
LEBOUCQ - Ah! Sento che sto
per andarmene…
FOLLBRAGUET - Non lasciatevi
andare… Su, stendetevi un momento! (Va
alla porta, secondo piano a destra) Signor Giovanni! Signor Giovanni!
SIGNOR GIOVANNI - (comparendo) Signore!
FOLLBRAGUET - (che è venuto avanti verso Leboucq) Su,
accompagnate il signore, fatelo riposare sulla chaise longue.
SIGNOR GIOVANNI - Sì,
signore. (Prende Leboucq che Follbraguet
gli consegna) Venite, signore.
FOLLBRAGUET - Aspettate!
LEBOUCQ - (con voce morente) Eh?
FOLLBRAGUET - (tendendogli la scatoletta che contiene il
dente) Il vostro dente, signore! Ci tenevate tanto a conservarlo…
LEBOUCQ - (Prendendo la scatoletta per scrupolo di
coscienza) Oh! Ora non ci tengo più! Me ne vado… Sento che me ne vado.
FOLLBRAGUET - Sì, sì,
andate!
SIGNOR GIOVANNI - (accompagnando Leboucq) Da questa parte,
signore, da questa parte. (Escono a destra)
FOLLBRAGUET - (va a sedersi alla scrivania) Che
giornata, mio Dio! Che giornata! (Bussano)
Avanti!
SCENA OTTAVA
Gli Stessi, ADRIANO, Poi
ORTENSIA, Poi MARCEI,LA
ADRIANO - (freddo e dignitoso, fermandosi nel vano
della porta) Sono io, signore.
FOLLBRAGUET - Come, siete
voi?
ADRIANO - Desidero avere un
colloquio col signore.
FOLLBRAGUET - Cosa? Cosa?
Che c’è ancora?
ADRIANO - Ho aspettato che
il signore terminasse col cliente. Quando ho sentito che lo faceva accompagnare
dal signor Giovanni, ho bussato.
FOLLBRAGUET - Sì, sì, va
bene, parlate!
ADRIANO - (venendo avanti) Dunque! Il signore non
ignora che la signora ha gravemente offeso Ortensia.
FOLLBRAGUET - Ah! No! No!
Non vorrete tornare a rompermi le scatole con questa faccenda!
ADRIANO - Mi dispiace di
tornare a rompere le scatole al signore, ma non lo faccio per divertirmi.
Senz’altro il signore saprà che io con Ortensia ci frequento.
FOLLBRAGUET - Cosa?
ADRIANO - Insomma, ci siamo
sedotti.
FOLLBRAGUET - Ah!
ADRIANO - Oh! Con intenzioni
serie, e infatti, nonostante questo, ho intenzione di sposarla.
FOLLBRAGUET - Ah! E allora?
ADRIANO - Beh! In quanto
marito, non posso ammettere che la signora dica che Ortensia va a letto col signore.
È infamante!
FOLLBRAGUET - Infamante!
Infamante! Prima di tutto spero bene che voi non ci crediate!
ADRIANO - Oh! No, conosco
Ortensia.
FOLLBRAGUET - Grazie per me.
ADRIANO - E poi, basta
ricordarsi del modo con cui la signora chiamava il signore, quando diceva che
era un cappone.
FOLLBRAGUET - Ehi, ma dico!
ADRIANO - Non lo dico per
indisporre il signore, ma per mostrargli l’illogicità delle donne.
FOLLBRAGUET - Non dico di
no, però…
ADRIANO - Per farla breve,
signore, stando così le cose, mi dispiace di annunciare che sarò costretto a lasciare
il servizio.
FOLLBRAGUET - Ebbene,
lasciatelo! Cosa volete che vi dica?
ADRIANO - (dignitoso) Bene, signore. A questo
punto riprendo il mio posto nella società e posso parlarvi da pari a pari.
FOLLBRAGUET - Cosa?
ADRIANO - Sono soltanto un
marito che difende l’onore di sua moglie. O la signora ritira quel che ha detto
e chiede scusa a Ortensia…
FOLLBRAGUET - (sbuffando nervosamente) A Ortensia!
ADRIANO - Oppure, non
dimentico che al reggimento ero sottomaestro di scherma e avrò l’onore di mandare
i padrini al signore.
FOLLBRAGUET - I padrini!
Questa poi! Mi prendete in giro! Non penserete che voglia battermi col mio cameriere!
ADRIANO - Non sono più
cameriere.
FOLLBRAGUET - (gli si avvicina) Ma io li metto alle
porta, i vostri padrini.
ADRIANO - In questo caso,
rimarrà stabilito che dopo avere offeso una persona il signore ha rifiutato di
battersi: sarà protestato.
FOLLBRAGUET - (contorcendosi per la rabbia) Sarò
protestato… sarò protestato… è stupefacente! Ebbene, mi si protesti! Cosa
importa a me?
ADRIANO - Sono affari del
signore!
FOLLBRAGUET - (strappandosi i capelli) Dio mio! Dio
mio! Ma perché devono capitare tutte a me? Cosa c’entro io in tutto questo?
ADRIANO - Oh! So bene che la
colpa non è del signore. Ma dato che il marito risponde per la moglie! Io
aspetterò fino a stasera la decisione del signore… O la signora chiede scusa…
FOLLBRAGUET - Ah! C’è poco
da sperare!
ADRIANO - O domani manderò
dal signore due miei amici.
FOLLBRAGUET - Innanzitutto,
se credete che la signora acconsenta…
ADRIANO - Oh! Questo accade
perché il signore lo permette; in definitiva, secondo la legge è il signore che
comanda. Il signore deve solo fare un atto d’autorità e dire: « Adesso basta!
Sono il padrone e lo esigo! ».
FOLLBRAGUET - Ah! Sì… Fate
presto a dirlo.
ADRIANO - Insomma, il
signore ha tempo fino a stasera, prima di ricevere i padrini.
ORTENSIA - (che doveva essere in ascolto da qualche
tempo dietro la porta, compare e si precipita su Adriano) Cosa dici? Dei
padrini? Ti vuoi battere?
ADRIANO - (liberandosi dalla stretta) Ah! Senti
per favore, sono cose da uomini: sta’ zitta!
ORTENSIA - Ah! No, non puoi
sfidare a duello gente del genere!
ADRIANO - Basta, ti dico! Il
padrone sono io! E lo esigo. (Ortensia se
lo tiene per detto. Nello stesso momento si sente suonare in anticamera. Con
tono diverso, a Follbraguet) Fino a stasera continuo il servizio. Vado ad
aprire.
MARCELLA - (uscendo a valanga dalla camera) Que… (incontra Ortensia, si ferma, fulmina con lo
sguardo i domestici, che escono dignitosamente. Quando sono usciti, getta la
chiave sul tavolo) Questa è la chiave! la camera è libera, è a tua
disposizione!
FOLLBRAGUET - Ah! Sì? Bene,
ecco quel che faccio della tua chiave, la butto nel fuoco! (La getta a viva forza nel caminetto)
MARCELLA - Come ti pare!
FOLLBRAGUET - Lo sai cosa mi
combini con le tue storie?
MARCELLA - Non sono curiosa
di saperlo.
FOLLBRAGUET - Ho un duello
col mio cameriere!
MARCELLA - (ironica) Ma guarda!
FOLLBRAGUET - C’è poco da
dire « ma guarda »! Poiché Adriano è fidanzato con Ortensia e tu l’hai insultata,
mi chiede ragione.
MARCELLA - Benissimo! Va
benissimo! Questo prova che lui non è come certa gente. Quando insultano la sua
donna, la difende. Non è un vigliacco!
FOLLBRAGUET - Sì, va bene!
Intanto, hai offeso Ortensia e mi fai il piacere di chiederle scusa.
MARCELLA - Io? Ah! Beh…
FOLLBRAGUET - E seduta
stante.
MARCELLA - Perché, hai
paura?
FOLLBRAGUET - Ma cosa dici,
cretina? E adesso basta. Sono il padrone e lo esigo! (Compare Adriano che si ferma nel vano della porta)
MARCELLA - Ah! Tu esigi!
Toh! (Gli dà uno schiaffo)
FOLLBRAGUET - Oh!
MARCELLA - Esige, il signore!
(Esce a sinistra)
FOLLBRAGUET - (ad Adriano) Ebbene, amico mio, lo
vedete cosa mi succede quando dimostro autorità? Ecco!
ADRIANO - Ah! Certo… Quando
si deve risalire la corrente…
FOLLBRAGUET - (esasperato) Oh!! No! No!
ADRIANO - Oh! Il signore ha
tutta la giornata davanti a sé…
FOLLBRAGUET - Ah!!
Lasciatemi in pace!
ADRIANO - C’è il signore che
il signore ha già curato prima.
FOLLBRAGUET - Quale signore?
ADRIANO - Quello che c’era
qui prima della signora che è venuta per il suo « gnam, gnam, gnam ».
FOLLBRAGUET - Ah!
ADRIANO - A quanto pare gli
fa sempre male.
FOLLBRAGUET - E va bene! E
va bene!
SCENA NONA
Gli stessi, MARCELLA, la
CUOCA
MARCELLA - (entrando dal fondo a sinistra) E ora ti
porto la cuoca.
FOLLBRAGUET - Cosa? Cosa? La
cuoca?
MARCELLA - (alla cuoca che si vede in anticamera
attraverso il vano della porta) Su, su, ragazza mia, venite avanti! (Al marito, mentre la cuoca entra)
Poiché è stabilito che non conto più niente in questa casa…
FOLLBRAGUET - (scalpitando) Oh!
MARCELLA - Che i domestici
contano più di me…
FOLLBRAGUET - Ma no, no.
MARCELLA - Sì, sì! Ebbene,
ti cedo il comando! Ora ti dovrai occupare della cuoca, dei suoi conti e dei
suoi piatti! (Alla cuoca) Ormai
dovete rivolgervi al signore, io do le dimissioni! Addio! (Esce infuriata)
FOLLBRAGUET - (correndole dietro) Marcella! Marcella!
VOCE DI MARCELLA - Lasciami
in pace!
CUOCA - Allora, cosa
desidera il signore, per cena, stasera?
FOLLBRAGUET - (furioso) Me ne frego!
CUOCA - (anch’essa a voce alta) E io pure.
FOLLBRAGUET - Cos’avete
detto? A me, avete detto « Me ne frego! »?
CUOCA - (a cui è venuta a mancare tutta l’audacia) Ma, signore…
FOLLBRAGUET - Andate!
Andate! Vi butto fuori, via. Andate a fare le valigie. Ve ne andrete seduta stante…
CUOCA - Oh! Ma, signore, non
l’ho detto con l’intenzione di offendere.
FOLLBRAGUET - Andate! Filate
via! Ve ne andrete lo stesso!
CUOCA - Volevo avere un
aumento… come Ortensia.
FOLLBRAGUET - Andate!
Andate! E di corsa! (La spinge fuori e
chiude la porta facendola sbattere) Ah! Ma qui mi prendono in giro tutti!
ADRIANO - (che ha assistito a tutto, in disparte in un
angolo) Devo fare entrare il cliente?
FOLLBRAGUET - Sì! No!
Accidenti sì!
SCENA DECIMA
FOLLBRAGUET, VILDAMOUR,
ADRIANO
ADRIANO - (aprendo la porta in fondo a destra) Se
il signore vuole entrare!
VILDAMOUR - (viene avanti in scena) Oh! Sì! (A Follbraguet, mentre Adriano esce) Oh!
Signore, non ho potuto più resistere… mi fa più male di prima…
FOLLBRAGUET - (indicando la poltrona) D’accordo,
sedetevi lì!
VILDAMOUR - Sì, signore.
FOLLBRAGUET - (con la mente altrove, i gomiti aderenti al
corpo, agitando convulsamente i pugni e con tono di sorda minaccia) Oh! Oh!
Oh! Oh! Oh!
VILDAMOUR - Come?
FOLLBRAGUET - No, niente,
parlo da solo. (Gli lega una salvietta
attorno al collo)
VILDAMOUR - Aspettate, avete
preso dentro anche il mento! (Follbraguet
gli libera il mento)
FOLLBRAGUET - E state più
attento, no?
VILDAMOUR - (vedendo che Follbraguet prepara i1 bavaglio
di gomma) Mi mettete ancora tutto quell’arsenale in bocca?
FOLLBRAGUET - Faccio quello
che devo fare.
VILDAMOUR - Oh! Mi sento
rodere dentro…
FOLLBRAGUET - (pensando a sé) Ah! Se credete di essere
il solo!
VILDAMOUR - Ah! Ma degli
altri a me non importa!
FOLLBRAGUET - Sì… oh!
Naturalmente… Egoista! Aprite la bocca!
VILDAMOUR - Mi farete male?
FOLLBRAGUET - Ma no! Ma no!
Aprite! (Applica, il bavaglio di gomma
alla bocca, fermandolo dietro; introduce l’aspiratore in bocca. Poi va a riempire
il bicchiere al lavabo: dentifricio e acqua)
VILDAMOUR - (in maniera incomprensibile, a causa del bavaglio;
solo le vocali si possono percepire) In verità questo dente aveva bisogno
di essere riparato già da molto tempo, ma non mi sono mai deciso, perché non mi
faceva male.
FOLLBRAGUET - (tornando col bicchiere) Sì! Sì! Sì!
VILDAMOUR - (allo stesso modo) Ma quanto ho sofferto
stanotte!
FOLLBRAGUET - (con in mano uno strumento per medicare il
dente) Sì, aprite la bocca! (Vildamour
obbedisce. Follbraguet estrae il cotone dal dente e lo getta)
VILDAMOUR - (come sopra) Non ho potuto chiudere
occhio un istante, era come se mi trapanassero li cervello.
FOLLBRAGUET - (irritato) Ah! Vi prego, non parlate
continuamente… non mi lasciate lavorare.
VILDAMOUR - (sconcertato, se lo tiene per detto) Ah!
FOLLBRAGUET - (col pensiero altrove e lavorando)
Quando si pensa che si è tanto sciocchi da prender moglie! (Vildamour spaventato e stupito, gira gli occhi verso Follbraguet)
Aprite! (Opera sul dente)
SCENA TREDICESIMA
Gli stessi, MARCELLA
MARCELLA - (entrando come un fulmine) Cosa mi dice
la cuoca, che l’hai mandata via?
FOLLBRAGUET - (esasperato) Ah! Lasciami in pace, tu! (Si accorge che muovendosi, con lo strumento
sempre in rotazione, ha scalfito la bocca di Vildamour) Scusate! (A sua moglie) Sono occupato, ti prego,
lasciami lavorare.
MARCELLA - Va bene! Ma non
ammetto che mandi via Noemi, dal momento che sono sempre stata contenta di lei.
FOLLBRAGUET - E io, quando
la cuoca mi parla villanamente, la sbatto fuori! E poi finiamola! Sono con un
cliente, e ti prego di lasciarmi.
MARCELLA - Va bene! (A Vildamour) Scusate., signore. (A Follbraguet) Ne riparleremo fra poco.
(Esce in fondo a sinistra)
FOLLBRAGUET - Non ha senso!
Non ha senso, signore! È così da stamattina, caro signore!… Oh! Aprite la
bocca! (Riprende il lavoro)
MARCELLA - (in quinta) Non dovete farvi cattivo
sangue, ragazza mia, il signore non è in uno stato normale, basta non badarci! (Follbraguet, che ha sentito tutto. fatica a
contenersi) Non si formalizza per sua moglie, ma per sé ci riesce
benissimo. (Come sopra, per Follbraguet)
Comunque, voi resterete, ve lo dico io! Penso di essere la padrona qui! Se c’è
qualcuno che comanda, sono io.
FOLLBRAGUET - (posa lo strumento con violenza sul ripiano
e si precipita in anticamera richiudendo la porta dietro di sé; questo non
impedisce che si senta ogni cosa) Scusa tanto, ma prima di te ci sono io!
MARCELLA - Tu? Ah! Ah! Ah!
FOLLBRAGUET - C’è poco da
fare « Ah! Ah! Ah! ». Tu qui dentro hai solo l’autorità che io ti ho lasciato
prendere, ma tu dimentichi che l’unico padrone sono io, e la prova è che ho
mandato via la tua cuoca e la cuoca deve sloggiare all’istante.
CUOCA - Ma signore, la colpa
non è mia.
FOLLIBRAGUET. Sì, ebbene, ve
ne andrete lo stesso!
MARCELLA - Ma lasciatelo
perdere… è matto!
FOLLBRAGUET - Può darsi, ma
intendo essere ubbidito! È ora di finirla! Ah! (Torna sbattendo la porta; viene avanti verso Vildamour) Aprite la
bocca! È una bella rompiscatole, alla fine! (Tendendo
macchinalmente il bicchiere a Vildamour) Prendete! (Sentendo che il colloquio continua in anticamera, si slancia verso la
porta e l’apre) E vi ripeto che dovete andarvene di qui! Ne ho abbastanza
delle vostre discussioni! Andatevene!
MARCELLA - Oh! Ma dico!
FOLLBRAGUET - Ho parlato!
Ubbidite! (Chiude la porta dietro di sé e
viene avanti) Ma chi mi ha dato… (Senza
transizione a Vildamour) Sputate! (Vildamour
ubbidisce)
MARCELLA - Oh! Ne ho
abbastanza! Io in questa casa non ci resto più!
FOLLBRAGUET - (aprendo la porta) E vattene! Lo dici
sempre ma non lo fai mai! Vattene!
MARCELLA - Proprio così, me
ne vado.
FOLLBRAGUET - Bene! Tanto di
guadagnato! (Chiudendo la porta dietro di
sé) Oh! Che peste!
MARCELLA - (riaprendo rapidamente la porta) Cos’hai
detto?
FOLLBRAGUET - (facendole fare una giravolta e mandandola
via) Ma va’ al diavolo! (Chiude la
porta e dà il chiavistello)
MARCELLA - (dietro la porta, scuotendola per aprire)
Apri! Apri!
FOLLBRAGUET - Ma piantala! (A Vildamour) Vi chiedo scusa per questo
intermezzo grottesco.
VILDAMOUR - (indulgente) Oh!
MARCELLA - (apparendo sul fondo, a destra, e venendo
avanti fino a Vildamour) Signore! Siete testimone! Siete testimone che ha
detto che sono una peste!
VILDAMOUR - (sotto il bavaglio) Ma signora!
MARCELLA - Siete testimone
che vuole cacciarmi! E che mi ha detto che devo lasciare questa casa!
FOLLBRAGUET - Ah! Sì, certo.
Ah! Sì!
MARCELLA - Sì? Ebbene, no,
non me ne vado! Tu dimentichi che l’affitto è a mio nome… per via dei tuoi
creditori… sono in casa mia! Sei tu che devi andartene!
FOLLBRAGUET - Ah! Sì? Bene,
ti prendo in parola! La lascio io, questa casa! Sono un bel cretino ad accopparmi
di lavoro per te! Pretendi tutti i diritti! Bene! Ti lascio anche le
incombenze! Tieni, qui ci sono i ferri, questo è un cliente, io do le
dimissioni. Forza! Lavora tu al mio posto!
MARCELLA - Io!
VILDAMOUR - (terrorizzato dalla prospettiva) Oh, no!
MARCELLA - Neanche per idea!
Questo va bene per te! Cacciare le dita in quelle bocche disgustose, per me
sarebbe troppo ripugnante.
FOLLBRAGUET - (togliendosi rabbiosamente la giacca da
lavoro e sostituendola con la giacca dell’abito, che stacca dal muro assieme al
cappello) Ciò non toglie che grazie a queste bocche disgustose (istintivamente indica Vildamour) nelle
quali caccio le dita, io posso pagarti i vestiti e i « tulle, tulle, tulle ».
Ormai arrangiati, queste cose te le guadagni da sola; io ti lascio e tanti
saluti.
MIARCELLA - Come ti pare!
Però ti avverto, stasera a casa non mi trovi più!
FOLLBRAGUET - E tu lo
stesso! Addio! (Esce dal fondo)
MARCELLA - Addio! (Esce a sinistra)
VILDAMOUR - (che ha seguìto con angoscia quest’ultima
parte del dialogo, si alza, preoccupatissimo nel vedersi abbandonato a se
stesso con tutto l’armamentario in bocca) E adesso? E adesso? E adesso?
SIPARIO