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venerdì 15 aprile 2011

I MILLE

CAPITOLO I.



Quel che giurâr ottennero,
Han combattuto, han vinto,
Sotto il tallon del forte
Giace lo sgherro estinto.
(Berchet).


O Mille! in questi tempi di vergognose miserie - giova ricordarvi - l'anima si sente sollevata pensando a voi - rivolta a voi - quando, stanca di contemplar ladri e putridume pensando che non tutti - perchè la maggior parte di voi ha seminato l'ossa su tutti i campi di battaglia italiani - non tutti ma bastanti ancora per rappresentare la gloriosa schiera - restante - avanzo superbo ed invidiato - pronto sempre a provare ai boriosi nostri detrattori, che tutti non son traditori e codardi - non tutti spudorati sacerdoti del ventre in questa terra dominatrice e serva!
«Ove vi sono dei fratelli che pugnano per la libertà Italiana - là bisogna accorrere» voi diceste.
«Essi combattono per liberarsi dalla dominazione d'un tiranno; per affratellarsi alla grande famiglia Italiana».
E non trovaste il codardo pretesto - se la loro bandiera era più o meno rossa. - Anzi - Repubblicani veri - voi faceste non solo il sacrifizio della vita, ma delle convinzioni politiche vostre. Come Dante repubblicani - come lui diceste: «Facciam l'Italia anche col diavolo!»
E ben faceste, perchè ai dottrinarii che predican principii che non praticano, voi vittoriosamente potrete sempre rispondere: «Noi non conosciamo altri principii se non che i due, del bene e del male. - E per l'Italia sarà sempre principio del bene quello di volerla unificare. - Far il bene della patria è la nostra Repubblica».
Voi cercaste il pericolo in soccorso di fratelli senza chiedere s'eran molti i nemici, se sufficiente il numero dei volenterosi - se bastanti i mezzi per l'impresa.
Voi accorreste sfidando gli elementi, i disagi, le privazioni, i pericoli con cui ne attraversavano la via nemici e sedicenti amici.
Invano il Borbone, con numeroso naviglio, stringeva in un cerchio di ferro la Trinacria, gloriosa, insofferente di giogo, e solcava in tutti i sensi il Tirreno, per profondarvi nei suoi abissi. Invano!
Vogate! Vogate pure Argonauti della libertà - là sull'estremo orizzonte di Ostro splende un astro, che non vi lascierà smarrire la via, che vi condurrà per la mano al compimento della grande impresa - l'astro che scorgeva il grandissimo cantore di Beatrice, e che scorgevano i grandi che gli successero, nel più cupo delle tempeste - la Stella d'Italia!
Ove sono i piroscafi che vi presero a Villa Spinola e vi condussero attraverso il Tirreno salvi nel piccolo porto di Marsala? Ove? Son forse essi nuovi Argo, gelosamente conservati, e segnati all'ammirazione dello straniero e dei posteri, simulacro della più grande e più onorevole delle imprese italiane? Tutt'altro; essi sono scomparsi. - L'invidia e la dappocaggine di chi regge l'Italia, hanno voluto distruggere quei testimoni delle loro vergogne.
Chi dice: Essi furon perduti in premeditati naufragi. - Chi li suppone a marcire nel più recondito d'un arsenale, - e chi venduti agli ebrei per pochi soldi, come vesti sdruscite.
Vogate però, vogate impavidi - Piemonte e Lombardo, nobili veicoli d'una nobilissima banda - la storia rammenterà i vostri illustri nomi, a dispetto dell'invidia e della calunnia. - E voi, giovani che mi leggete, lasciate pur gracchiare il dottrinarismo. Ove in Italia si trovino Italiani che pugnano contro tiranni interni e soldati stranieri, correte in aiuto dei fratelli, e persuadetevi che il programma di Dante «Fare l'Italia anche col diavolo» vale ben quello dei moderni predicatori di principii che millantano il titolo di partito d'azione, avendo passato tutta la vita in ciarle.
Quando l'avanzo dei Mille, che la falce del tempo avrà risparmiato - seduti al focolare domestico, racconteranno ai nepoti la quasi favolosa impresa a cui ebbero l'onore di partecipare - oh! essi ben ricorderanno alla gioventù attonita i gloriosi nomi che formavano l'intrepidissimo naviglio, e la santa soddisfazione provata d'esser corsi alla riscossa degli schiavi.
Vogate! Vogate! voi portate i Mille a cui si aggregheranno i milioni, il giorno in cui queste masse ingannate, capiranno esser il prete un impostore, e le monarchie un mostruoso anacronismo.
Com'eran belli, Italia, i tuoi Mille! in borghese - pugnando contro i piumati, gl'indorati sgherri - spingendoli davanti a loro come se fosse un gregge. - Belli, belli! e vario-vestiti come si trovavano nelle loro officine quando, chiamati dalla tromba del dovere! Belli, belli! erano coll'abito ed il cappello dello studente, colla veste più modesta del muratore, del carpentiere, del fabbro. E
davanti a quella non uniformata, pochissimo disciplinata gente, fuggivano i grassi, argentati, pistagnati, spallinati venditori della coscienza.
Belli i tuoi Mille, Italia! Essi rappresentavano il tuo esercito dell'avvenire. Non più mille allora, ma milioni, ripeto - ed allora? Allora spariranno dalla tua terra, bella infelice! i boriosi tuoi dominatori - e con loro chi infamemente speculava sulle tue miserie e le tue vergogne!
I Mille, ricordatelo, giovani Italiani, devono essere sostituiti dal Milione, e dieci eserciti indorati fuggiranno davanti a voi, come fumo spinto dal vento!...
Allora il frutto del vostro sudore sarà vostro. - Tutte quelle benedizioni di cui vi fu prodiga natura, saranno vostre, ed allora la vergine a cui avete consacrato un amore italiano - caldo come le lave dei vostri vulcani - la vergine a cui avete consacrato una vita intemerata, sarà vostra - e vostra pura dal contatto appestato d'uno sgherro.
Ma non fate i sordi il giorno della chiamata, e ricordatevi, che per esser pochi molte generose imprese furono fallite!
Mentre il sacro suolo ove nasceste è calpestato dal soldato straniero, accorrete - ed accorrete qualunque sia lo squillo di tromba che vi chiami - sia esso dell'Esercito Italiano o dei Volontarii - basta ch'essi si trovino alle mani contro l'oppressore. Non ascoltate, come a Mentana, la voce di certi traditori che fecero defezionare migliaia di giovani col pretesto di tornare a casa a proclamare la Repubblica ed innalzar barricate.

CAPITOLO II.

IL CINQUE MAGGIO.

Mieux vaut mourir
Que vivre misérable!
Pour un esclave
Est-il quelque danger?
(Muta di Portici).

O notte del 5 maggio rischiarata dal fuoco dei mille luminari con cui l'Onnipotente adornò lo spazio!
Bella, tranquilla, solenne, di quella solennità che fa palpitar le anime generose che si lanciano all'emancipazione degli schiavi! Io ti saluto!
E vi saluto, o miei giovani compagni, oggi provetti, e la maggior parte mutilati o segnati con gloriosissime cicatrici.
Salve a voi - forse la parte migliore della schiera - che seminaste le nobili ossa su dieci campi di battaglia per la redenzione patria o per la redenzione d'altri oppressi, ma sempre contro la tirannide, fosse essa avvolta nella tiara o nella clamide imperiale!
Brulicando sul litorale dell'orientale Liguria, silenziosi, cupi, penetrati dalla santità dell'impresa, ma fieri d'esservi caduti in sorte - aspettavano impazienti i Mille - succedan pure i disagi o il martirio!
Bella! notte del gran concetto! tu rumoreggiavi nelle fila di quei superbi, di quell'armonia indefinita, sublime, edificante, con cui gli eletti della specie umana sono beati contemplando l'Infinito nell'infinito.
Io l'ho sentita quell'armonia in tutte le notti che si somigliano alle notti di Quarto, di Reggio, di Palermo, del Volturno!
E chi dubita della vittoria, quando essa, portata sulle ali del dovere e della coscienza, questi ti sospingono ad affrontare i perigli e la morte, dolci allora come il bacio delizioso della donna del primo amore?
I Mille battono il piede sulla spiaggia, come il corsiero generoso impaziente della battaglia. E dove van essi a battagliare? Han forse ricevuto l'ordine d'un sovrano per invadere, conquistare una povera, infelice popolazione, che, rovinata dalle tasse di dilapidatori, ha rifiutato di pagare il macinato? No! Essi corrono verso la Trinacria, ove i Picciotti, insofferenti del giogo d'un tiranno, si son sollevati ed han giurato di morire piuttosto che rimaner schiavi.
E chi sono i Picciotti? Con questo modestissimo titolo, essi altro non sono che i discendenti dell'illustre popolo dei Vespri, che in una sola ora trucidò un esercito di sgherri senza lasciarne un solo vestigio.
«Ma questi piroscafi non si vedono» diceva Nullo ad un impaziente crocchio di volontarii, composto dai Cairoli, Montanari, Tucheri ed altri, che anelavano di lanciarsi sul seno di Teti, e volare in soccorso dei combattenti fratelli.
Nullo, Cairoli, Montanari, Vigo, Tucheri, del vostro nobile sangue è rossa la terra degli schiavi, ma il sublime esempio del vostro eroismo non è perduto per questa gioventù destinata a compiere ciò che voi sì gloriosamente iniziaste! - Voi prodighi d'una vita preziosa, siete impazienti di gettarla là come uno straccio, mentre migliaia d'ignavi - che non valgono una rapa e che pure profitteranno del santo vostro sacrifizio - restano indietro, o paurosi come pecore, o calcolando i vantaggi che potran raccogliere dall'arditissima impresa.
«Spero saranno piroscafi, non legni a vela: sarebbe troppo noioso il viaggio - soggiungeva il maggiore dei Cairoli colla sua calma angelica - Bixio, Schiaffino, Castiglia, Elia, Orlando, incaricati di condurli via dal porto, non sono uomini da lasciarsi intimorire da minacce o da ostacoli».
«Però - ripetea l'eroe della Polonia coll'orologio alla mano - già siamo al tocco, ed alle 3 albeggia in questa stagione: se i legni da guerra ancorati nel porto di Genova giungono a scoprirci, potrebbe andar male per la spedizione.»
«Per Dio! che fossimo obbligati anche questa volta a tornarcene a casa» urlava il focoso e prode Montanari.
«Sangue della Madonna!» e lì si disponeva a continuare alcune imprecazioni con una voce da far impallidire (se non fosse stato di notte) quante spie ed agenti di polizia ronzavano intorno ai valorosi Argonauti italiani.
«Sangue della!.... - e non arrivò a ripetere - Madonna» quando un «Zitto» di Vigo Pelizzari che si teneva sul promontorio di Quarto (ove si trovavano i nostri amici) adocchiando verso Genova «Zitto, non vedete quelle masse nere che celeremente s'avanzano verso di noi?»
«Sì, sì, per Dio! son dessi, sono i nostri piroscafi che vengono ad imbarcarci.» Ed un fremito di soddisfatta impazienza s'innalzò in un momento tra quella superba gioventù da non più udire il rumore delle onde che si frangevano contro le scogliere.
Eccoli, eccoli, e maestosi s'avanzavano i due piroscafi, e i gozzi, già preparati, cominciavano ad imbarcare militi, armi, munizioni; e la gioia dei giovani volontari, che avrebbero voluto manifestarla almeno con un canto patriottico, era moderata dai più provetti con un «Per Dio! ci fermano se fate chiasso!». E quei prodi religiosamente tacevano per non essere sviati dalla santa impresa! Fra dieci giorni molti di questi generosi cadranno feriti per davanti, caricando il Monte del Pianto dei Romani (Calatafimi) coronato dai forti cacciatori borbonici, ben armati, uniformati e boriosi d'aver insanguinato i loro ferri contro i patrioti siciliani.
Anni della mia gioventù, ove siete iti? - Bei tempi! in cui l'entusiasmo era la vita! il pericolo, la ricompensa più deliziosa! - Anch'io provavo la gentil voluttà delle nobili imprese! l'ambizione sublime d'esser utile! E spesso nella solennità d'una tempesta desideravo la catastrofe per abbrancarmi una men forte creatura e metterla in salvo col solo guiderdone della mia coscienza, pago d'aver fatto il bene.
Siam tutti a bordo, tutti! nessuno di quella Legione di eletti è rimasto. Alcuni hanno già provato gli effetti dell'instabile elemento, ma niuno si lagna. Essi sono sulla via d'un dovere sacrosanto.
Domani daran la vita per l'Italia, ilari e giocondi come nel banchetto nuziale.
E che importano loro alcune nausee, i disagi, la morte? I piroscafi sono diretti sopra una luce verso l'ostro - là su d'una paranza sono imbarcate le provviste della spedizione - bisogna prenderle.
Si cerca un'altra luce d'altra barca su cui s'imbarcarono armi minute, munizioni, capsule, ecc., ma con minor fortuna, ed i fedifraghi che dovevano rimettere tali preziosi oggetti hanno preferito profittar della circostanza per eseguir un vile contrabbando, e così compromettere la riuscita della spedizione.
E veramente la spedizione dei Mille fu compromessa da quel turpe mercato. E come non doveva essere? Essa doveva sbarcare su d'un'isola, i di cui abitanti sono forse unici per patriottismo e per risoluzione. Ma la Sicilia non aveva meno di cinquantamila scelti soldati, una squadra formidabile che ne difendeva le coste, e i valorosi che s'erano innalzati contro il tiranno, eran decimati dai combattimenti e ridotti agli estremi. Approdar con tutto ciò senza munizioni da guerra e coi mille catenacci che la benevolenza governativa avea concessi, in sostituzione di 15 mila buone carabine, che erano di proprietà nostra, e dal governo sequestrate!
Però - vogate - nobili piroscafi, i Mille non sono gente da tornare indietro - e chi ardisse di consigliarlo, mi starebbe fresco. - Vogate! Vi sono Italiani che si battono contro birri, nostrani o stranieri - che importa! Purissimi o men puri, con più o meno principii; essi vanno in soccorso di pericolanti fratelli.
Principii! Essi Repubblicani veri, ne conoscono due soli: - il bene ed il male - e marciano sul sentiero del bene, del dovere, contro il male! Vogate! giacchè il furore dei malvagi, che preferirono l'infame guadagno all'onore, che monta? Troveremo delle munizioni.
Talamone, S. Stefano, non sono sulla via di Sicilia, ma vi sono fortezze, presidii, e quindi depositi di munizioni da guerra, e le prore del Piemonte e Lombardo si dirigevano verso Talamone. Non v'è dubbio che l'imprevista mancanza di munizioni, e quindi lo sviamento dal cammino diretto sulla Sicilia cagionò un'alterazione sulla durata del viaggio, e forse salvò i Mille dall'incontro delle due flotte, Sarda e Borbonica.

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Garibaldi




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