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lunedì 22 agosto 2011

I dandies non abbondano, ma esistono

Massimiliano Mocchia di Coggiola è torinese di nascita ma vive a Parigi da circa tre anni; illustratore, pittore, ritrattista, è anche scrittore ed esperto nella storia della moda maschile. 
E’ autore di diversi saggi dedicati alla figura del Dandy, alla quale si è appassionato in giovanissima età, ed è oggi considerato uno dei massimi esperti italiani in questo argomento. 
E’ curatore di un sito internet di studio e ricerca nel campo del dandismo. 


Nome, età, professione: Massimiliano Mocchia di Coggiola, 26 anni, scrittore e pittore. 
Ama circondarsi di cose (oggetti, vestiti, accessori, collezioni) come: Primo tra tutti viene il guardaroba, su misura e vintage; seguono poi gli oggetti che servono a rendere apprezzabile la mia casa, specialmente antichità, che trovo ai mercati delle pulci o su internet. 
Seguono poi gli amici (ho la fortuna di conoscere solo folli, diseredati, miscredenti, artisti, nobili spiantati, ballerine e nullafacenti), che devono essere “belli” nel senso di interessanti – non ch’io li selezioni, vengono da soli…Infine i libri, che non so più dove mettere. 
Prima illuminazione estetica che ricorda, in assoluto: Le armature e le parrucche degli antenati nei ritratti del salone in casa dei miei genitori. 
Opere d'arte/film/libri/marche di riferimento: Non ho preferenze assolute, ma posso citare quelle del momento: pitture e disegni di Nils von Dardel e Boutet de Monvel; i film di Peter Greenaway e di Marcel L’Herbier; per quanto riguarda le marche, non ho riferimenti: compro quello che mi piace e che giudico di buona qualità. Generalmente non mi curo dell’etichetta. Per un certo periodo la scucivo dalle giacche che compravo in negozio. Quali personaggi gli hanno insegnato ad apprezzare il bello: Poche persone reali, molti autori e protagonisti di romanzi tra XIX secolo e XX secolo. Des Esseintes, Andrea Sperelli, il Lafcadio di Gide, ma pure esteti reali, anche se oramai defunti: Charles Baudelaire, Oscar Wilde, Tommaso Landolfi e certamente George Brummell… difficile citarli tutti, sono troppi e oramai fanno parte di me, non saprei nemmeno più riconoscerli. Tra i viventi, metto senz’altro Giancarlo Maresca e Ivano Comi, due persone molto diverse tra loro ma entrambi ottimi maestri. 
Quella volta che il suo gusto non è stato apprezzato: Tendo a dimenticare quella o quelle volte nelle quali non sono stato apprezzato, dacché non si tratta mai di situazioni rilevanti per il sottoscritto. Mi capita soprattutto quando torno in Italia, dove oramai bisogna corrispondere ad una certa idea che la gente s’è fatta del “bello”, altrimenti non si è più capiti, a parte che da un’élite (élite del gusto), ahimè sempre più ristretta. 
Cose e/o persone che più provocano il suo disgusto: Non direi disgusto, perché mi capita raramente d’essere disgustato. Preferisco dire ribrezzo, o fastidio, di fronte a: la fiera ignoranza di chi “ha studiato”; la presunzione di chi si affatica a mostrare tutto della propria vita di fronte agli altri dicendo “Io non ho segreti per nessuno!” (l’effetto reality); la televisione (ma è scontato); la gente banale contenta di esserlo; i nuovi ricchi; le persone noiose; i salutisti e i non-fumatori; gli importatori di democrazia; i grandi cuochi che preparano piccoli piatti; le infradito e i sabot; i pantaloni corti sotto il ginocchio; il cappello da baseball quando non si gioca a baseball. La sua massima da esteta: Perinde ac cadaver. 
Nel suo mondo non c'è spazio per: La politica (a meno che non si parli di re o di anarchici), i martiri della moda e i suoi creatori, il lavoro come religione, il denaro come ossessione, i poeti ispirati. 
Morale della favola (l'etica della sua estetica): Essere se stessi con naturalezza, esprimere se stessi con l’artificio.
(da Style Magazine) 


a Massimiliano Mocchia di Coggiola con ammirazione

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