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domenica 20 febbraio 2011

Il Seme della Violenza


“In che senso?” ripeté Solly. “Voglio dirti una cosa Dadier. Questa scuola è l’immondizia del sistema scolastico. Tutte le scuole professionali della città lo sono. Mettile tutte insieme e avrai un enorme, straripante secchio d’immondizia. E vuoi sapere qual è il nostro lavoro? Il nostro lavoro è stare seduti sul coperchio di questo secchio d’immondizia e stare attenti che la sporcizia non si riversi nelle strade. Ecco il nostro lavoro.”
“Non dici sul serio” disse gentilmente Rick, incredulo.
“Ah no?” Solly scrollò le spalle. “Sei nuovo qui, quindi non lo sai. Ti dico che è un immondezzaio, e lo scoprirai appena ti arriverà la prima zaffata di fetore. Tutti gli scarti, tutta la merda che non si trova in una normale scuola superiore, tutto quel fetore finisce in quel secchio d’immondizia che è il sistema delle scuole professionali. È stato inventato per questo. Certo, i libri dicono che la scuola professionale offre una formazione a quegli studenti che vogliono fare un lavoro manuale. Ma sono tutte cazzate. Credimi: questi ragazzi vogliono fare una cosa sola con le mani. Così, qualche geniale bastardo ha avuto una brillante idea per tenerli lontani. Ha inventato la scuola professionale. Poi ha assunto un branco di tizi col culo pesante, qualcuno con la laurea, per farli sedere sul coperchio del secchio. In questo modo, sua moglie e sua figlia possono andare in giro per strada senza essere violentate.”
“Nessuno violenterebbe tua moglie, Solly” disse Savoldi triste.
“A parte me” disse Solly. “Il fatto è che bisogna tenerli lontani dalla strada. E questo posto va bene come qualunque altro. Noi siamo solo un misto di spazzini e poliziotti, tutto qua.
“Io non credo che sia proprio così” disse Rick con calma. “Voglio dire, sicuramente ci sarà anche qui qualcuno che vuole davvero imparare un mestiere.”
“Trovamene uno. Avanti!” esclamò Solly. “Senti, insegno qui da dodici anni, e solo una volta ho trovato qualcosa di un certo valore nell’immondizia. Nessuno butta di proposito un diamante nella spazzatura. Nell’immondizia si buttano solo i rifiuti, ed è tutto quel che ci troverai.”
“Per questo voglio una scuola femminile” disse Manners.
“Sì, certo” rispose Solly. “L’unica differenza, in una scuola femminile, è che nell’immondizia troverai anche un po’ di profumo insieme ai rifiuti.”
“Sei troppo amaro” disse Savoldi.
“Certo” rispose Solly. “Dovevo essere un professore, non uno spazzino.”
“Gli spazzini guadagnano bene” interruppe Savoldi.
“Più dei professori” rispose Solly.
“Per quanto mi riguarda” disse Savoldi triste “io qui ci sto benissimo.”
“Perché sei uno stupido” gli disse Solly.
“No, io sono furbo” ammise Savoldi. “Insegno elettrotecnica e con questo mi guadagno da vivere. Fuori faccio dei lavoretti saltuari, e con quelli mi pago i piccoli lussi.”
“Non ti ho mai visto guidare una Cadillac.”
“Non mi serve una Cadillac. Non aspiro a tanto.”
“Tu non aspiri a niente” gli disse Solly.
“Un’aspirazione ce l’ho” disse Savoldi, scuotendo la testa. “Una sola.”
“Cioè?”
“Un giorno costruisco una sedia elettrica e me la porto a scuola. Dirò ai ragazzi che è un apparecchio per la misurazione dei circuiti, poi ce li metto sopra uno alla volta e abbasso la leva. Ecco la mia ambizione.”
“E tu sei quello che qui ci sta benissimo” disse Solly secco.
“Certo. Ci sto bene. Come sotto un acquazzone: quando piove mi metto l’impermeabile. Poi quando arrivo a casa, mi tolgo l’impermeabile, lo metto nell’armadio e non ci penso più. È quel che faccio qui. Nell’istante in cui attraverso la porta della scuola divento il signor Savoldi, e sono il signor Savoldi ogni giorno fino alle tre e venticinque. Poi mi tolgo l’impermeabile Savoldi, vado a casa, e ritorno a essere Lou fino alla mattina dopo. Così, non ho pensieri.”
“Tranne uno” disse Solly.
“Cioè?” chiese Savoldi con tono gentile.
“Che i ragazzi costruiscano quella dannata sedia elettrica prima di te. Allora saranno loro ad abbassare la leva e addio sia al signor Savoldi che a Lou.”
“Questi ragazzi non riuscirebbero a entrare in un cesso a pagamento neanche se gli dessi la moneta da cinque centesimi” disse Savoldi triste. Sorseggiò il tè e aggiunse: “Mi hai fatto raffreddare il tè.”
“Forse questi ragazzi hanno solo bisogno di una possibilità” disse Rick debolmente. “Diavolo, non possono mica essere tutti marci!”
“Okay” disse Solly “dagli una possibilità. Ma qualunque cosa decidi di fare, mai voltare le spalle alla classe.”
“Stamattina ho dato le spalle alla classe” disse Rick con una punta di orgoglio.
“E non ti hanno accoltellato?” disse Solly scuotendo le spalle. “È il primo giorno di scuola, forse hanno lasciato gli attrezzi a casa.”
“Stai esagerando” disse Rick sorridendo.
“Ah sì? Va bene, sto esagerando. Digli quanto sto esagerando, Lou.”
“Sta esagerando” disse Savoldi. “Solly è un grande artista del nulla.”
“Ho dato le spalle a una classe solo una volta” disse Solly “proprio così, una sola volta. E da allora non l’ho fatto più.”
“Cosa è successo?” chiese Rick.
“Stavo facendo lo schema di un carburatore alla lavagna. Bisogna sempre disegnargli le cose a questi stupidi bastardi, o non capiscono neanche di che diavolo parli. Mi sono girato per quaranta secondi. Avevo appena fatto in tempo a prendere quel maledetto gesso e cominciare a disegnare...”
“Questa l’ho già sentita” disse Savoldi triste.
“Sì, ma è vera” continuò Solly come sulla difensiva.
“Cosa è successo?” incalzò Rick.
“Una cazzo di palla da baseball si è schiantata dritta contro la lavagna a meno di cinque centimetri dalla mia testa. Ha staccato un pezzo di ardesia grosso come mezzo dollaro!” Solly annuì ricordando quell’esperienza.
“E che hai fatto?” chiese Rick.
“Si è cagato addosso” disse Savoldi.
“L’avresti fatto anche tu” disse Solly. “Sì, l’ho fatto, ma poi mi sono così incazzato che avrei potuto fare a pezzi ognuno di quei piccoli bastardi. Mi sono girato, ed erano tutti seduti, impassibili e con uno stupido sguardo innocente sulla faccia. Poi mi sono calmato e ho giocato d’astuzia. Ho preso la palla, l’ho buttata nel cestino, ho sorriso e ho detto: E questa di partite non ne farà più. Ma non mi sono mai più voltato di spalle. Neanche se devo scrivere alla lavagna. Lo faccio girato da una parte.”
“Come un muso giallo” disse Savoldi. “Solly è mezzo mongolo.”
“Grazie al cielo non sono mezzo maccherone.”
“Io sono tutto maccherone” disse Savoldi.
“Solly ha ragione” interruppe George Katz, posando per un attimo il libro di storia. “Bisogna capire con chi si ha a che fare. Bisogna comprendere i problemi che ha la maggior parte di questi ragazzi, e adattare l’insegnamento di conseguenza.”
“Quale insegnamento?” domandò Solly. “Chi vogliamo prendere in giro? Qui non è questione di insegnare. Prima te ne rendi conto, e meglio sarà per te.”
“Be’” disse Katz rispettoso “mi pare che stiamo andando un po’ oltre.”
“Io sto minimizzando” disse Solly. “Per farcela alla Manual Trades, o in qualunque altra dannata scuola professionale, bisogna seguire due semplici regole: primo, dimenticare tutte le idee preconcette sugli adolescenti desiderosi di imparare. Applicate a una scuola professionale non sono più attendibili. Secondo, ricordare che la prima legge nella vita è l’istinto di sopravvivenza. Punto. Amen.”

tratto da Il Seme della Violenza di Evan Hunter

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