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mercoledì 2 marzo 2011

Tertulliano: DE IDOLATRIA.

DE IDOLATRIA
Traduzione di Gino Mazzoni, 1934.
CAPITOLO I.
Tutte quante le colpe hanno come loro base l'idolatria.
La colpa principale del genere umano, Terrore più grave nel mondo, e ogni ragione di riprovazione e di condanna risiede nell'idolatria. Perché, sebbene qualunque fallo abbia un suo determinato carattere e sia soggetto a giudizio con una sua denominazione speciale, tuttavia va ricollegandosi all'idolatria : i nomi non hanno importanza, consideriamo i fatti. L'idolatra è anche omicida. Tu mi chiedi: e chi uccide? Se in qualche cosa l'affermazione contribuisse ad una certa considerazione maggiore della cosa, potremmo anche dire che l'idolatria non uccide persona estranea o nemica, ma i suoi più fedeli; con quali insidie? con quelle provenienti dal suo errore; con quale arme? coll'offesa che costoro recano a Dio; con quante ferite? con quante manifestazioni idolatre essi faranno. Chi può sostenere che un idolatra non sia un uomo perduto, egli negherà pure che abbia commesso omicidio. E in lui puoi riconoscere ugualmente l'adulterio, lo stupro; e chi infatti segue gli Dei falsi e bugiardi, non è forse un adultero di un principio di verità? ogni falso è in certo modo qualcosa che rientra nella colpa, di adulterio. L'idolatra cade poi anche in ciò che sia bestiale violenza. Chi tratta con spiriti immondi e riprovevoli, non ne viene ad essere macchiato, inquinato, corrotto? e perciò appunto le sacre scritture si servono delia parola stupro, allorché vogliono gettare tutta la loro riprovazione e disprezzo sull'idolatria. Io penso che si debba parlar di frode quando qualcuno toglie l'altrui o se nega a taluno ciò che gli è legittimamente dovuto; e non v'è dubbio che venga considerata gravissima colpa quella d'esercitare frode contro taluno. Ma si noti che l'Idolatria fa oggetto della sua frode Iddio; nega a questi gli onori che gli sono dovuti; e li trasporta in altri esseri e in tal modo congiunge la frode all'offesa. E se la frode, lo stupro, l'adulterio recano la morte dello spirito, ne consegue che anche nei riguardi di essi, l'Idolatra non possa in alcun modo liberarsi dall'accusa di omicidio. Ma c'è di più; che dopo tali colpe, così rovinose e terribili, e che costituiscono la fine d'ogni principio di salvezza, nell'idolatria compaiono, si schierano tutte le altre, in massa, e le puoi anche considerare partitamente ad una ad una: ogni desiderio mondano trova suo appagamento nell'idolatria, come infatti possiamo pensare manifestazione idolatra senza splendore di ornamento e fulgore di appa-rati? in essa si riscontrano tutte le specie di colposi abbandoni e di incontinenze; moltissimo devono il loro favore al desiderio di sfrenatezze che si verifìcano nel cibo e nelle bevande. Trova in essa sua sede la vanità, tutto si basa su questa infatti; in essa l'ingiustizia, e che cosa più ingiusto di ciò che non riconosce colui che d'ogni giustizia è padre e maestro? in essa tutto è menzogna, tutto è un tessuto di falsità: ogni colpa è cosa contraria a Dio, e ciò che è avverso alla divinità, ne viene di conseguenza che sia addetto a potenze malefiche e demoniache alle quali appunto sono soggetti gli idolatri: chi dunque commette colpa, incappa nell'idolatria, perché appunto fa quello che si riporta a chi riconosce gli idoli ed è ad essi soggetto.
CAPITOLO II.
Varie sono le specie d'idolatria.
Le varie denominazioni delle colpe rispecchiano il carattere dell'errore e dell'umano traviamento; il suo nome solo, dunque, indica bene l'essenza della idolatria; questa denominazione, che suona qualcosa di tanto contrario a Dio, le basta. È poi in essa tanto copiosa la messe delle colpe, e stende così ampiamente le sue propaggini, e si diffonde m tante direzioni diverse, che io appunto vorrò considerare in quanti modi purtroppo si debba cercare di sfuggire all'idolatria, che ha così ampie e profonde radici: poiché in diverse guise sovverte i servi di Dio, non solo allorché non se ne conosce la forza, ma bensì quando si cerca di dissimularla e di nasconderla. La maggior parte pensano che per idolatria si debba solamente intendere quell'insieme di atti che risultano o dall'abbruciare incensi, o dal compiere sacrifici o dal fare offerte e voti, o credono che l'idolatria si leghi m certo modo ad alcune cerimonie sacre o si compenetri con funzioni e riti sacerdotali: sarebbe lo stesso che credere che il fatto dell'adulterio consistesse unicamente nello scambiarsi testimonianze d'affetto, nella poesia del bacio e dello stringersi al petto la persona che s'ama, e magari nella comunione materiale dei sensi; e lo stesso si può dire dell'omicidio, se taluno credesse che fosse solo nello spargimento del sangue e nello strappare così l'anima dal corpo. Ma noi possiamo esser certi come Iddio consideri questi atti con molta maggiore estensione: nella sola concupiscenza può stare l'adulterio: basterà che taluno volga avidamente il suo sguardo su chicchessia, se sentirà un fremito occulto attraverso il suo spirito, costui avrà commesso adulterio; per l'omicidio si potrà dire che il principio risiede in ogni parola che suoni offesa ed ingiuria, in ogni impeto d'ira e di sdegno, nella trascuratezza d'ogni sentimento di carità verso il fratello, e come dice Giovanni (1), potremo affermare che omicida sia chiunque nutra senso d'odio verso un fratello. In caso diverso, consisterebbe in ben poco l'astuzia diabolica in tutto il campo del male e, d'altra parte, la saggezza di Dio, colla quale ci fornisce le armi di difesa contro la grande e vastissima opera insidiosa del demonio, sarebbe forse soverchia, se noi dovessimo soltanto essere giudicati per colpe gravi, per le quali sono sancite pene e stabilite sanzioni anche presso tutte le genti. E in che cosa poi consisterebbe la nostra giustizia e la bontà nostra e in che supererebbe quella degli Scribi o dei Farisei (2), come il Signore ebbe a dire, qualora noi non penetrassimo in tutta l'estensione, nell'intelligenza di quel potere che è ad esse contrario, cioè il principio dell'ingiustizia? (3). E se l'ingiustizia è pur vero che trovi sua base nell'idolatria, in primo luogo è doveroso che noi ci premuniamo contro ogni principio d'idolatria, in tutta la sua |102 ampiezza di manifestazioni, pronti a vederla, a riconoscerne i segni, anche m ciò che non possa apparire da essa ispirato e dominato.
CAPITOLO III.
Origine dell'idolatria.
Se noi volgiamo il nostro sguardo indietro, una volta non esistevano idoli. Prima che venissero fuori i creatori di questa mostruosa credenza, i tempii erano solitari e deserti; i luoghi sacri semplici e nudi, come anche al giorno d'oggi restano avanzi di un mondo che fu, ma nella loro semplice grandiosità. Ma tuttavia anche allora l'idolatria vigeva, sia pure non sotto questa denominazione, ma cogli stessi caratteri e collo stesso processo: perché anche oggi, infatti, si può seguire l'idolatria e non frequentare templi e non usare idoli. Allorché gli artefici per opera diabolica formarono figure varie e molteplici, dagli idoli prese nome questa primitiva e rozza occupazione per nostra sventura inventata, e quindi ogni arte che in certo modo riproducesse statuette, immagini, fu la base, il fulcro d'ogni principio e idea idolatra: non importa mica se le figure le formi un semplice plasmatore, o se le rappresenti un cesellatore o un altro artista di alta perfezione: non ha valore neppure la materia di cui l'idolo sia formato, se di gesso, se a colori, se di pietra, di bronzo, d'argento o magari di filo. Dal momento che nella colpa d'idolatria s'incappa anche senza idoli, quando ridolo esiste non può costituire differenza qualunque esso sia o di qualunque materia sia esso formato; e questo, perché non vi sia qualcuno che possa credere che di idolo si debba parlare, quando soltanto abbia faccia umana. Osserviamo la spiegazione della parola: ei]doj; : èidos in Greco suona come la parola latina forma; facendo il diminutivo di ei]doj : èidos abbiamo ei]dulon : éidolon, idolo, ciò che presso noi risponderebbe ad una parola: formula. Quindi ogni figura o figurina vuole essere chiamata idolo; e idolatria di conseguenza si disse l'ossequio, la sottomissione ad ogni idolo. Quindi chiunque fosse il costruttore di immagini, è colpevole dello stesso errore, almeno che non si voglia sostenere che poco peccò d'idolatria quel popolo che consacrò e adorò il simulacro di un vitello, e non quello di un uomo (4).
CAPITOLO IV.
È severamente proibito dalle sacre scritture la formazione e l'adorazione degli idoli.
Iddio pone una proibizione assoluta, tanto nel costruire idoli, quanto alla loro adorazione; come infatti è in primo luogo giusto che si debba fare quello che dopo debba essere oggetto di culto, così non è opera giusta, fare prima quello che in un secondo momento non debba esser venerato, né riconosciuto sacro.
Proprio per questa ragione: per sradicare ogni principio, ogni ragione dell'idolatria così bandisce la legge divina: non fare idoli; e aggiunge: né alcuna altra cosa a immagine e somiglianzà di quelle che sono nel cielo, sulla terra o in mare. Enoch (5) aveva pure in un primo tempo predetto che tutti quanti gli elementi, ogni organismo di vita della terra, tutto quanto e il cielo e la terra e le acque racchiudessero, le forze demoniache e gli spiriti degli angeli ribelli avrebbero convertito in potenze in servigio dell'idolatria, perché fossero poi adorate come divinità, in odio e contro il vero Dio. E l'uomo, nel suo errore, adora tutte le cose e non adora invece chi di esse ne è il creatore primo: le immagini loro sono idoli; la loro consacrazione, il loro riconoscimento, idolatria. Qualunque colpa risieda nel principio idolatra, ricade necessariamente su qualsiasi artefice che pure abbia costruito un idolo qualsiasi. Lo stesso Enoch condanna già prima che essi si manifestassero, gli adoratori e i fabbricatori degli idoli. Ed in altro punto soggiunge: Io vi giuro, o peccatori, che nel giorno del sangue e della dannazione, per voi sta preparato il castigo, voi che fate oggetto di culto le pietre, che vi fate immagini d'oro e di legno e di pietra e di terra cotta; voi che prestate fede ad immagini false, e indulgete a potenze demoniache, a spiriti malvagi ed infami; che seguite tutti gli errori; non ascoltando nessun principio di scienza: vano sarà l'aiuto che vi attendete da quelli. Isaia (6) poi, così dice: Voi stessi siete testimoni se iddio sia fuori di me. Ma che forse allora non v'erano coloro che scolpivano, e intagliavano? Erano però evidentemente vani coloro tutti, che provavano soddisfazione nel fare per loro quelle figure che non avrebbe dovuto giovare a nulla: e continua così, in tutta quella sua invettiva, a colpire quelli che fabbricavano gli idoli e chi prestava loro atto di ossequio: osservate bene, che questa è la conclusione: è terra e cenere quello di cui essi sono fatti; non v'è nessuno di quegli Dei che sia nella possibilità di liberare il proprio spirito ed innalzarlo nei cieli. E David in questo stesso motivo così ebbe a dire: Tali possano divenire coloro che li fabbricano. E che cosa dunque dovrei andar ricordando ancora, data anche la mia modesta memoria? a che andrò ricercando passi tolti dalle sacre scritture? Come se non fosse sufficiente la voce dello Spirito Santo e fosse proprio necessario considerare e stabilire se il Signore abbia maledetto e condannato, prima, gli artefici di quelle divinità, delle quali poi esplicitamente maledice e condanna gli adoratori!
CAPITOLO V.
Ma pure si potrebbero trovare obiezioni favorevoli ai fabbricatori di idoli;
ma Tertulliano ribatte energicamente qualsiasi eventuale tentativo di difesa.
Con molta diligenza e in modo esauriente, risponderemo alle scuse che questi fabbricatori di idoli potrebbero portare: se qualcuno intende bene lo spirito della dottrina cristiana, non sarà mai che possa loro aprire la via per arrivare al Signore. La parola che si suole sopratutto portare a scusante è questa: non ho altro mezzo con cui scampar la vita; venendo però ai ferri corti si potrebbe ribattere; ma insomma: intanto tu puoi vivere! Se vorrai però campare a modo tuo, che cosa allora potrai dire di avere di comune con Dio? Ma c'è di più: si ha l'ardire di venire a discutere con tanto di sante scritture alla mano e ci si riferisce a quel passo di S. Paolo (7) in cui par che si affermi che ciascuno se ne resti in quello stato in cui era, quando si fece cristiano: ma allora, secondo tale interpretazione, tutti noi potremmo perseverare nelle colpe: non c'è mai stato nessuno di noi libero da colpe; Cristo non scese sulla terra che per liberarci dai gravami del peccato. Nello stesso modo, vanno dicendo che lo stesso apostolo abbia precisamente comandato, che seguendo il suo esempio, ciascuno si dovesse procurare i mezzi di sussistenza col proprio lavoro: (8) ma se tale precetto si vuol sostenere ad ogni costo, io mi penso che anche i ladri, i giocatori, vivano né più, né meno, col lavoro delle loro stesse mani; ed anche gli assassini trovano il modo di menar l'esistenza a forza di mani.... e i falsari, allora? non è coi piedi, ma colle mani che falsano ed alterano le scritture; e gli istrioni non colie sole mani, ma con tutto il corpo, che essi mettono in moto, si sforzano di raccapezzare la vita. La Chiesa deve perciò tendere le sue braccia a tutti coloro che traggono la loro vita dal lavoro delle proprie mani, qualora però non sia implicita una esclusione per tutte quelle forme di attività che non sono conciliabili colla disciplina di Dio. Ma qualcuno potrà dire contro l'asserto dei pensieri superiormente espressi : perché dunque allora Mosè nel deserto fece di bronzo il simulacro del serpente? Lasciamo da parte le figurazioni, le quali erano preordinate, prestabilite secondo un processo misterioso e impenetrabile; non mica per allontanarsi dalla legge, ma come per essere immagini del principio che legittimamente rappresentavano. Ma se noi a queste cose dessimo un'interpetrazione come la potrebbero dare gli avversari nostri, allora a somiglianzà dei Marcioniti (9), noi forse dovremmo attribuire all'onnipotente la qualità della non fermezza e saldezza di giudizio? costoro, proprio così, ne distrussero l'essenza e l'integrità, come mutabile, appunto, pensandolo; chè qui proibisce, e là comanda. Se qualcuno poi non volesse concedere che quell'effige di bronzo fatta a guisa di un serpente sospeso così nell'alto, denotasse l'immagine della croce del Signore che ci doveva liberare dai serpenti, cioè dagli spiriti diabolici e che su di essa pendeva appunto ucciso il serpente, cioè il diavolo, oppure fosse la rappresentazione figurata di un altro principio rivelato a persone più degne e meritevoli; sarebbe in ogni modo sufficiente l'Apostolo, il quale afferma che tutto ciò è accaduto al popolo Ebraico, sotto il velame del simbolo e che Dio stesso, che pur proibì di fare immagini, comandò con un precetto straordinario, che si facesse un'effige di serpente. Se intendi fare atto di ossequio a Dio, tu intendi appunto la sua legge: non fare simulacri; ma se ti vien fatto di ripensare all'immagine del serpente che fu prescritta, imita anche tu Mosè: non fare, quindi, contro ogni dettame della sacra legge, simulacro alcuno, almeno che non ti venga comandato.
CAPITOLO VI.
Dal solo sacramento del battesimo si deduce quanto sia ripugnante ai principî della fede fabbricare idoli.
Qualora non ci fosse alcuna legge divina che ci vietasse la costruzione d'immagini idolatre; se nessuna voce dello Spirito Santo facesse sentire parola di minaccia non minore per chi fabbrica idoli, che per coloro che prestano ad essi ossequio di colto, basterebbe il solo sacramento del battesimo ai principî della fede nostra. Come potremo sostenere noi d'aver rotto ogni nostra relazione col demonio e coi suoi spiriti malvagi, se siamo noi in persona che li facciamo? Come potremo dire d'aver dato loro una repulsa, se è proprio con loro che viviamo, anzi se è da loro che conduciamo la vita nostra? Quale discordia possiamo dire che esista fra noi e costoro, ai quali riconosciamo d'esser legati, per il soddisfacimento delle nostre necessità di vita? Ciò che tu vieni a riconoscere materialmente, come opera delle tue stesse mani, come è possibile che tu lo possa negare colla parola? quel che in realtà fai, come puoi mai distruggerlo colla tua bocca? tu costruisci una quantità di Dei e potrai poi sostenere l'esistenza di un solo? puoi tu parlare di un Dio vero, quando tu ne fabbrichi tanti che sono falsi? Uno potrebbe dire: ma io li fo, ma non sono per me oggetto di adorazione: quasi che la cagione per la quale non osa costui di farne oggetto di culto, non sia la stessa che dovrebbe impedire di costruirli, cioè quella di non offendere Iddio, che in ambedue i casi invece viene ad essere offeso. Al contrario poi, sei proprio tu che li adori, tu che fai in modo che essi possano divenire oggetto di culto; ed anzi non è neppure il caso che tu li adori innalzando ad essi l'effluvio di un profumo qualsiasi, più o meno disprezzabile; ma è colla tua anima proprio che li adori; col tuo spirito; non è la questione di un sacrificio di un animale. Tu immoli a costoro l'ingegno tuo, tu offri il tuo sudore, tu consacri loro la tua abilità: tu sei per essi più che un sacerdote, dal momento che sei tu che procacci loro un sacerdote: dalla tua abilità nasce, proviene la divinità loro. Tu neghi d'adorare quel che vai plasmando colle tue stesse mani? Ma son loro che non pensano di negarlo, dal momento che tu vai sacrificando ad essi la vitti' ma più grassa, più indorata, la maggiore fra quante caddero nella cerimonia di rito; cioè la salute tua, la tua salvezza, il tuo bene.

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