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martedì 8 novembre 2011

Vittorio Emanuele II: "Il discorso del Grido di Dolore"

"Signori senatori, signori deputati, 
la nuova legislatura, inaugurata un anno fa, non ha fallito alle 
speranze del paese, alla mia aspettazione. Mediante il suo 
illuminato e leale concorso noi abbiamo superato le difficoltà 
della politica interna ed esterna, rendendo così più saldi quei 
larghi principi di nazionalità e di progresso, sui quali riposano le 
nostre libere istituzioni. 
Proseguendo nella medesima via, porterete quest'anno nuovi 
miglioramenti nei vari rami della legislazione e della pubblica 
amministrazione. Nella scorsa sessione vi furono presentati alcuni
 progetti intorno all'amministrazione della giustizia. 
Riprendendone l'interrotto esame confido che in questa verrà 
provveduto al riordinamento della magistratura, alla istituzione
delle Corti di Assisi e alla revisione del codice di procedura. 
Sarete di nuovo chiamati a deliberare intorno alla riforma 
dell'amministrazione dei comuni e delle province. Il vivissimo 
desiderio che essa desta vi sarà d'eccitamento a dedicarvi le 
speciali vostre cure. Vi saranno proposte alcune modificazioni alla
legge sulla guardia nazionale, affinché, serbate in tutto le basi di
questa nobile istituzione, siano introdotti in essa quei 
miglioramenti suggeriti dall'esperienza, atti a rendere la sua 
azione più efficace in tutti i tempi. 
La crisi commerciale, da cui non andò immune il nostro paese, e la
calamità, che colpì ripetutamente la principale nostra industria, 
scemarono i proventi dello Stato; ci tolsero di vedere fin d'ora 
realizzate le concepite speranze di un compiuto pareggio tra le 
spese e le entrate pubbliche. Ciò non v'impedirà di conciliare, 
nell'esame del futuro bilancio, i bisogni dello Stato con i principi 
di severa economia.
Signori senatori, signori deputati, l'orizzonte, in mezzo a cui sorge


il nuovo anno, non è 


pienamente sereno. Ciò non di meno vi accingerete con la 


consueta alacrità ai vostri lavori parlamentari. Confortati 


dall'esperienza del passato andiamo risoluti incontro 


all'eventualità dell'avvenire.



Quest'avvenire sarà felice, riposando la nostra politica sulla 


giustizia, sull'amore della libertà e della patria. Il nostro paese, 


piccolo per territorio, acquistò credito nei consigli dell'Europa, 


perché grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che 


esso ispira.



Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre 


rispettiamo i trattati, "non siamo insensibili al grido di dolore" 


che da tante parti d'Italia si leva verso di noi. Forti per la 


concordia, fidanti nel nostro buon diritto, aspettiamo prudenti e 


decisi i decreti della Divina Provvidenza".

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