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sabato 31 dicembre 2011

Crisi morale - monologo di Woody Allen

Una grossa casa produttrice di vodka voleva fare uno spot di prestigio. Si
erano rivolti in prima istanza a Noel Coward, che però non era
disponibile. Aveva infatti acquistato i diritti di My Fair Lady, dal quale
stava togliendo la musica e le parole per tornare al Pigmalione. Come
arrivarono poi fino a me? Mali, trovarono il mio nome in una lista che
Eichmann aveva in tasca al momento dell'arresto.
Dunque, me ne sto tranquillo a casa, quando squilla il telefono. Una
voce gentile all'altro capo mi dice: "Le piacerebbe essere l'uomovodka di quest'anno?".
Dico: "No. Sono un artista. Non faccio spot. Non reclamizzo. Non bevo
vodka e, se anche la bevessi, non berrei la vostra".
"Che peccato. Era un'offerta da cinquantamila dollari."
"Un momento", gli dissi. "Le passo Woody Allen"
Così, entrai in crisi. Una crisi morale. Dovevo far pubblicità a un
prodotto che non usavo? Questo era il dilemma. Io non bevo, il mio
organismo non tollera alcolici. Avevo bevuto due martini a Capodanno, e
poi avevo cercato di dirottare un ascensore su Cuba.
In passato, quando avevo problemi del genere, consultavo il mio
psicanalista. Ciò è di dominio pubblico. A lungo sono stato in analisi.
Una terapia rigorosamente freudiana. Il mio analista è morto due anni fa e
io non me ne sono mai reso conto.
Adesso, quando ho scrupoli di coscienza, mi rivolgo al mio consigliere
spirituale - che nella fattispecie è un rabbino. Gli telefonai dunque, gli
esposi il caso e lui mi disse: "Non farlo, perché è immorale
pubblicizzare, a scopo di lucro, un prodotto che tu non usi".
Okay, rinunciai allo spot. Mi ci volle un bel coraggio, devo dire,
perché ero scannato, a quel tempo. Stavo scrivendo avevo bisogno di denaro
per essere creativamente libero. Stavo lavorando a una versione
cinematografica del Rapporto Warren.
Un mese dopo, sfoglio le pagine della rivista Life e mi cadono gli
occhi su una foto di Monique Van Buren in bikini su una spiaggia di
Trinidad, e accanto a lei, con una vodka fresca in mano, c'è il mio rabbino.
Allora gli telefono, lui prima tergiversa, poi quello che vien fuori è
questo: vuol buttarsi nel mondo dello spettacolo. Era già apparso in
televisione, per recitare una preghiera, e aveva cantato il Salmo
Ventesimo-Terzo, improvvisando da un certo punto in poi. Gli era stato
chiesto, dal presentatore, di elencare i sette peccati mortali ma lui si
era impappinato e aveva elencato invece i setti nani. Adesso apre una
discoteca, insieme ad alcuni suoi colleghi: i Rabbini in topless - cioè
senza zucchetto in testa.

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