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giovedì 22 dicembre 2011

La via del tabacco


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Con un sacco di rape d'inverno sulla schiena, Lov Bensey veniva avanti a fatica, affondando i piedi nella sabbia bianca della via del tabacco sconvolta dalle piogge. Aveva dovuto faticare, per quelle rape: era una camminata lunga e noiosa fino a Fuller, andata e ritorno.
Lov aveva udito il giorno prima che un uomo laggiù vendeva rape a mezzo dollaro il sacco, e quella mattina era partito con mezzo dollaro in tasca per acquistarne. Aveva camminato già sette miglia e mezzo, e un miglio e mezzo ancora lo separava dalla sua casa presso la carbonaia.
Quando Lov posò il sacco e si fermò davanti alla casa, cinque o sei dei Lester lo guardavano, immobili, da ogni angolo dell'aia. Spiavano Lov da quando era stato avvistato un'ora prima sulla duna di sabbia, a quasi due miglia; e adesso che era infine vicino erano decisi a non lasciargli quelle rape.
Lov, che aveva oltre a sé una moglie da sfamare, stava bene attento a tener lontani i Lester dalle rape. Generalmente, quando passava davanti alla casa dei Lester con rape o patate dolci, o con qualsiasi altra provvista, a un mezzo miglio circa dalla casa Lov faceva un gran giro nei campi, per riprendere la strada cinquecento metri più in là. Ma quel giorno doveva fare a Jeeter un discorso molto importante: perciò si era avvicinato alla casa più di quanto avesse mai fatto quando portava rape o patate dolci.
La moglie di Lov era la figlia più giovane di Jeeter, Pearl. Pearl aveva appena compiuto i dodici anni l'estate prima, quando Lov l'aveva sposata.
Attentamente osservato dai Lester, Lov si fermò in mezzo alla strada. Si era tolto il sacco dalla spalla, ma vi teneva strettamente chiuse intorno le mani. Da dieci minuti nessuno si era mosso, nell'aia; tutti aspettavano che Lov facesse il primo passo.
Se Lov si era fermato vicino alla casa aveva una buona ragione, altrimenti sarebbe certo rimasto a una distanza prudente: voleva parlare a Jeeter di Pearl.
Pearl si ostinava a non aprire bocca. Era inutile che Lov cercasse di persuaderla o s'infuriasse: Pearl non diceva una parola, peggio: si nascondeva, perfino, quando il marito ritornava dalla carbonaia, e quando egli la trovava gli sfuggiva dalle dita e correva a rifugiarsi fra le saggine. Qualche volta rimaneva nello scopeto tutta la notte, finché Lov non andava al lavoro la mattina seguente.
Pearl, del resto, non aveva parlato mai; non perché non ne fosse capace; semplicemente perché non voleva. A casa sua, prima che Lov la sposasse, stava sempre lontana dagli altri Lester, e non apriva quasi mai bocca, per giorni interi, talvolta. Solo sua madre Ada riusciva a discorrere con Pearl, e anche lei non otteneva dalla figlia che qualche monosillabo. Ma Ada stessa era così: si era decisa a parlare solo da dieci anni: prima, Jeeter aveva incontrato con lei le stesse difficoltà che Lov aveva ora con Pearl.
Lov tempestava Pearl di domande, la prendeva a calci, le buttava addosso acqua, sassi e pezzi di legno: faceva, insomma, tutto quello che poteva per indurla a parlargli. Pearl piangeva dirottamente, specie se i calci e le botte colpivano nel segno, ma questo Lov non lo considerava conversare: voleva sentirsi chiedere se gli doleva la schiena, lui, e quando si sarebbe tagliato i capelli e quando avrebbe piovuto di nuovo. Ma Pearl non diceva una parola.
Lov aveva già parlato varie volte a Jeeter delle sue difficoltà con Pearl, ma Jeeter non ne capiva niente. Era stata così fin da piccola, diceva; e anche Ada parlava solo da qualche anno. Quel che Jeeter non era riuscito a ottenere in quarant'anni l'aveva ottenuto la fame. La fame le aveva sciolto un giorno la lingua, e da allora Ada si lamentava continuamente. Jeeter non osava consigliare a Lov di affamare Pearl: sapeva che sua figlia sarebbe andata in giro ad accattar pane e l'avrebbe avuto.
- Qualche volta penso che abbia in corpo il diavolo, - ripeteva Lov. - Secondo me non ha un filo di religione. Andrà all'inferno, dopo morta, quant'è vero Iddio.
- Forse è scontenta del suo matrimonio, - aveva suggerito Jeeter. - Forse non è contenta di quel che le passi.
- Ho fatto tutto quel che ho potuto per contentarla. Ogni settimana, il giorno della paga, vado a Fuller a comprarle un regaluccio. Le porto tabacco da masticare e lei lo butta; le compro dei tagli di tela, ma non vuole cucirli. Vuole forse qualcosa che non ho, e che non posso comprarle, chi sa che cosa. È una bambina così bella... con tutti quei riccioli biondi giù per le spalle... Mi fa impazzire, a volte. Non so come andrà a finire questa storia. Non c'è un uomo che abbia bisogno della sua donna come io di Pearl.
- È troppo giovane, secondo me, per apprezzare certe cose, - aveva risposto Jeeter. - Non è cresciuta ancora come Ellie May e Lizzie Belle e Clara e le altre. Pearl è ancora una bambina, non ha nemmeno l'aspetto di una donna, ancora.
- Se avessi saputo che sarebbe stata così, forse non mi sarei ostinato tanto a volerla sposare. Avrei potuto sposare una donna che desiderasse di stare con me. Ma ora non voglio che Pearl se ne vada. Mi sono abituato ad averla intorno, e i suoi lunghi riccioli biondi giù per le spalle mi mancherebbero. Mi danno un gran senso di solitudine, è strano, i suoi riccioli. Pearl è certamente una bella bambina, anche se non vuol decidersi a comportarsi diversamente.
Quel giorno Lov era rincasato e aveva ripetuto a Pearl quello che Jeeter aveva detto di lei. Ma Pearl era rimasta seduta nel suo angolo senza rispondere. Lov allora non seppe più che cosa fare. Ma aveva capito infine che Pearl era ancora una bambina. Negli otto mesi del loro matrimonio era cresciuta di quattro o cinque centimetri, e pesava forse otto chili di più. Non pesava molto più di cinquanta chili, sebbene crescesse e ingrassasse ogni giorno.
Ora Lov voleva parlare con Jeeter specialmente di un'altra cosa: voleva dirgli che Pearl rifiutava di coricarsi con lui. Erano sposati quasi da un anno, e Pearl dormiva ancora sola come in principio, su un pagliericcio in terra, rifiutando di lasciarsi baciare e perfino toccare da Lov. Lov le aveva detto che le vacche finché non sono fecondate non valgono niente; egli l'aveva sposata, le aveva detto, perché voleva baciarla e toccarle i lunghi riccioli biondi e coricarsi con lei; ma Pearl non aveva nemmeno mostrato di udirlo o di capire ciò che egli le diceva. Oltre che baciarla e parlare con lei, Lov desiderava guardarle gli occhi. Ma lei gli negava anche questo piacere: voltava sempre i suoi occhi azzurro pallido, quando Lov veniva a mettersi davanti a lei.
Sempre fermo in mezzo alla strada, Lov guardava Jeeter e gli altri Lester nell'aia. I Lester aspettavano che egli facesse la prima mossa: amichevole od ostile, a loro importava poco, finché c'erano rape nel sacco.
Jeeter si domandava dove Lov avesse preso le rape. Non pensava nemmeno che le avesse comprate e pagate, essendo giunto da gran tempo alla conclusione che l'unico modo di ottenere una qualsiasi quantità di cibo era il furto. Ma quell'anno non era stato capace di scoprire un campo di rape nel raggio di cinque o sei miglia all'intorno. L'anno prima i Peabody avevano seminato a rape un campo di due acri, ma gli uomini della fattoria avevano tenuto lontano la gente coi fucili, e quest'anno non avevano nemmeno seminato le rape.
- Perché non entri nell'aia, Lov? - disse Jeeter. - Perché te ne stai piantato li sulla via del tabacco? Entra e riposati.
Lov non rispose né si mosse. Rimanere sulla strada era sicuro, rifletteva, entrare nell'aia pericoloso.
Da qualche settimana Lov pensava di legare Pearl sul letto, la sera, con delle funi. Finora aveva tentato tutto quello che aveva potuto escogitare, tranne la forza, e non aveva certo rinunziato a costringere Pearl a fare il suo dovere di moglie. Ma prima di spingersi più lontano gli occorreva il parere di Jeeter. Jeeter, che aveva dovuto combattere con Ada quasi tutta la vita, avrebbe saputo dirgli se la sua idea era buona. Ada, Lov lo sapeva, si era comportata un tempo come ora Pearl, ma Jeeter non era stato trattato come lui perché Ada gli aveva partorito diciassette figli, mentre Pearl non aveva nemmeno cominciato a fabbricare il primo. Se Jeeter avesse approvato l'idea di legare Pearl al letto, Lov l'avrebbe fatto senza esitare. Jeeter era più pratico di lui, in queste cose: era il marito di Ada da quarant'anni.
Lov sperava che Jeeter si offrisse d'accompagnarlo alla sua casa presso la carbonaia, per aiutarlo a legare Pearl al letto. Pearl si difendeva così selvaggiamente, ogni volta che Lov tentava di afferrarla, ch'egli temeva di non riuscire a niente senza l'aiuto di Jeeter.
Distribuiti qua e là nell'aia e sulla veranda, i Lester aspettavano che Lov si muovesse. Anche quel giorno c'era stato assai poco da mangiare in casa: un po' di minestra salata che Ada aveva fatto mettendo a bollire delle cotenne in una pentola d'acqua, e del pane di granturco; in tavola non c'era stato altro. Il cibo non era nemmeno bastato per tutti, e la vecchia nonna era stata cacciata via quando aveva tentato di entrare in cucina.
Nascosta dietro una radica saponaria, Ellie May guardava Lov facendo capolino ora a destra ora a sinistra dell'albero, per attirare la sua attenzione.
Ellie May e Dude erano i soli figli rimasti in casa Lester; tutti gli altri se n'erano andati o si erano sposati. Qualcuno era partito con disinvoltura, come se andasse alla carbonaia a veder passare i merci. Non vedendoli tornare dopo due o tre giorni, gli altri capivano che non sarebbero tornati.
Dude buttava un vecchio pallone da baseball contro un muro della casa e lo afferrava ogni volta di rimbalzo da terra. Il pallone sbatteva rumorosamente contro la casa, scuotendo le vecchie tavole allentate delle pareti, finché le vibrazioni facevano oscillare tutta la casa. Dude lo lanciava senza mai fermarsi, e il pallone rimbalzava con regolarità infallibile ai suoi piedi, nell'aia sabbiosa.
La casa, di tre stanze, era appoggiata precariamente su quattro mucchi di sottili schegge di roccia. Le pietre erano state posate una sull'altra, e le tavole inchiodate alla meglio. La semplicità e sciatteria di quella costruzione erano evidenti. Il centro della casa si avvallava tra le finestre; la veranda, inclinandosi, si era staccata dalla casa e adesso era di almeno trenta centimetri più bassa che in origine, e anche il tetto cedeva al centro, perché le travi non lo reggevano più. La maggior parte delle tegole di legno eran marce, e dopo ogni temporale se ne trovavano pezzi sparpagliati qua e là nell'aia. Quando l'acqua colava dal tetto i letti venivano spostati da un angolo all'altro della stanza, finché non riuscivano a battere la pioggia. La casa non era mai stata intonacata.
Jeeter stava tentando di rattoppare una camera d'aria bucata. Diceva che se fosse riuscito a rimettere insieme tutti i copertoni della sua vecchia automobile avrebbe portato a vendere un carico di legna ad Augusta. I taglialegna prendevano due dollari il carico, per il pino stagionato consegnato in città. Ma la cattiva quercia nera che Jeeter cercava di vendere alla gente come combustibile non gli rendeva mai più di cinquanta o settantacinque centesimi di dollaro. Generalmente, quando riusciva a portarne un carico ad Augusta, Jeeter non riusciva a collocarlo: nessuno era così sciocco da comprare quel legno più duro del ferro. I vicini cercavano di combattere l'ostinazione di Jeeter di vendere quercia nera come legna da ardere: gli dimostravano che come combustibile quel legname non valeva assolutamente niente, ma Jeeter diceva che voleva pulire il suo terreno dalle querce perché intendeva coltivarlo di nuovo.
Intanto Lov aveva fatto qualche altro passo verso l'aia e si era seduto sulla strada, con i piedi nel rigagnolo. Teneva una mano stretta con forza intorno al collo del sacco legato con un pezzo di spago.
Ellie May continuava a far capolino da dietro l'albero tentando di attirare l'attenzione di Lov, ma ogni volta che egli guardava in quella direzione ritirava la testa per non farsi vedere.
- Che hai in quel sacco, Lov? - gridò Jeeter dal fondo dell'aia. - Ti ho visto venir da lontano con quel sacco in spalla, e vorrei proprio sapere quello che c'è dentro. C'è gente, dicono, che ha delle rape, quest'anno.
Stringendo ancor più la mano intorno al sacco Lov fece girare lo sguardo da Jeeter sugli altri Lester e notò finalmente che Ellie May lo guardava da dietro l'albero.
- Hai faticato molto a procurarti quello che hai nel sacco, Lov? - chiese Jeeter. - Mi sembri tutto sfiatato.
- Volevo dirvi qualcosa, Jeeter, - disse Lov. - Si tratta di Pearl.
- Che altro ha fatto, la ragazza, Lov? Ti tratta sempre male?
- Fa quel che ha fatto sempre. Solo, io comincio a non poterne più. Non mi piace, come si comporta. Il suo modo di comportarsi non mi è mai piaciuto, ma adesso peggiora ogni giorno. Tutti i negri si burlano di me, vedendo che mi tratta così male.
- Pearl è uguale a sua madre, - disse Jeeter. - All'età sua, la madre si comportava nel modo più strano.
- Ogni volta che la vorrei vicina corre via e non torna quando la chiamo. Ora, dico, che gusto c'è a prender moglie, dannazione, se non se ne ricava niente? Dio non ha disposto le cose così; non vuole che un uomo sia trattato così, Dio. È giusto in certo modo che una donna cimenti un uomo quando vuole ottener qualcosa, ma Pearl non fa così. Pearl non ha l'intenzione di cimentarmi, anche se a me fa quest'effetto, e io ora ho bisogno di una donna che non sia...
- Ma che cos'hai in quel sacco, Lov? - chiese Jeeter. - Ti ho visto arrivare da più di un'ora, da quando sei spuntato in cima a quella collina laggiù.
- Rape, per Dio, - disse Lov guardando le donne Lester.
- Dove hai trovato rape, Lov?
- Paghereste per saperlo, eh?
- Pensavo che si potrebbe forse combinare un affare, tu ed io, Lov. Io potrei venire a casa tua a convincere Pearl a coricarsi con te. Era questo che volevi dirmi, non è vero? Tu vuoi che Pearl dorma nel tuo letto, no?
- Non ha mai dormito nel letto: ogni notte dorme su quel maledetto pagliericcio in terra. Credete che potreste convincerla, Jeeter?
- Sarei molto contento se riuscissi a farle fare quello che vuoi. Sempreché tu ed io ci si metta d'accordo per le rape, Lov.
- Per questo sono venuto... per parlarvi di Pearl. Ma non vi darò nemmeno una rapa. Queste poche qui nel sacco le ho dovute pagare mezzo dollaro, e per averle mi è toccato andare e venire a piedi da Fuller. Voi siete il padre di Pearl, Jeeter, e dovreste convincerla per niente. Quello che dico io non serve.
- Per Dio e per Gesù, Lov, tutte le maledette rape che ho coltivato quest'anno sono verminose. Non vedo una rapa buona dalla primavera scorsa. Tutte le mie rape sono piene di quei dannati vermi verdi, Lov. Perché Dio abbia messo i vermi nelle rape non riesco proprio a capirlo. Mi pare che abbia calcato un po' troppo la mano sui poveretti, il Signore. Ho lavorato tutto l'autunno, l'anno scorso, a zappare un pezzo di terreno per coltivarlo a rape, e quando erano abbastanza grosse per tirarle fuori e mangiarle, ecco che quei maledetti vermi verdi me le forano tutte proprio nel centro. Dio ha calcato un po' troppo la mano sui poveri, ma io non mi lamento, Lov. Il Signore se ne intende più di noi di rape, dico. Uno di questi giorni ci rovescerà addosso un diluvio di prosperità e tutti noialtri poveretti avremo abbastanza da saziarci, e potremo coprirci. Le cose non possono andar sempre peggio ogni anno, come è stato da quando è finita la grande guerra. Dio metterà riparo a tutto questo, un giorno, e i ricchi dovranno restituire tutto quello che hanno tolto a noi poveri. Dio ci renderà giustizia; non permetterà che le cose vadano avanti così. Ma dobbiamo smettere di bestemmiarlo quando non abbiamo da mangiare. Dio manda all'inferno chi si ostina a bestemmiarlo.
Lov trascinò il sacco di rape sull'altra sponda del rigagnolo e si sedé di nuovo in terra. Jeeter mise da parte la camera d'aria e attese.
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Erskine Caldwell

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