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sabato 31 dicembre 2011

Il ragazzo sensibile - monologo di Woody Allen

Io non mi abbronzo facilmente. E neanche difficilmente. Mi spiego, ho i
capelli rossicci e la pelle delicatissima. Quando vado in spiaggia non mi
prendo una bella tintarella. No, mi becco un brutto colpo di sole.
Eppoi, alla spiaggia non ci andavo mai, perché sono di Brooklyn. I
brooklinesi hanno solo Coney Island, che come spiaggia fa schifo. Correva
voce durante la guerra che i sottomarini nemici - gli Uboot tedeschi, se
vi ricordate - venivano lì, e l'inquinamento li corrodeva, nella zona di
mare riservata ai bagnanti.
Ero un ragazzino sensibile, io, un vero poeta. In classe mia c'erano
tipetti duri. Ce n'era uno, Floyd, che sedeva nel banco degli asini,
capite, e aveva il cervello d'una zucca. Uno di quelli con la mentalità da
vegetale. In anni successivi, diventammo però amici, da grandi. Io gli
tolsi una spina da una zampa.
Una volta, da ragazzo, me ne stavo andando a lezione di violino. Passo
davanti a una sala da biliardo e li c'era la ghenga di Floyd, che stava
sgonfiando le gomme delle auto nei paraggi. Non solo a quelle
parcheggiate, anche a quelle in movimento.
Io passo oltre come niente fosse e lui mi chiama, fa: "Ehi, Roscio!".
Non ci ho visto più. Ero un ragazzo coraggioso. Poso il violino. Vado
là e gli dico: "Non mi chiamo Roscio. Se mi vuoi, rivolgiti a me
educatamente. Il mio nome è Heywood Allen, per tua norma e regola."
Trascorsi quell'inverno su una sedia a rotelle dopo che un'équipe di
chirurghi mi estrasse il violino. Per mia buona fortuna non prendevo
lezioni di violoncello.
Io non sono pugnace. Non so battermi e, poi, ho i riflessi lentissimi.
Una volta fui investito da un'auto con una gomma a terra, che la
spingevano in due.

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