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mercoledì 30 marzo 2011

«Fuori di me»



Alla follia non badate, datemi retta!




Pensate piuttosto ai nuovi ritmi in cui




immergere la vostra vita perduta dietro




l'apparenza delle cose.




Cercate l'immortalità,




l'eterna questione del mare splendente




dentro il sole di giugno che diventa nero




a notte e scompare nelle tenebre.




Io dimenticato relitto di una civiltà




passata sono il solo che piango i defunti




miraggi di un'età morta e ancora




coprendomi di ridicolo scrivo lettere




d'amore a traditi amori di un'epoca trascorsa,




la giovinezza, e ricordo lo studente




che piegava la sua retta immagine




a misurare l'angolo della sua carnale diversità,




a versare nel seno asciutto di una madre




occasionale la solitudine futura dei suoi




giorni tutti uguali.




Lasciatevi andare verso il mare della vita!




Assaporatene la musica sbiadita, e trionfatore sarà




solo il Tempo e il suo nero oltraggio, la Morte!




Mentre io ancora scriverò che il poeta




chiude in stremate parole il suo cervello




mirando il muro in alto della sua stanza




e le poesie scivoleranno via, senza pietà,




e nessun Dio le registra, incarnandosi




per un attimo.




Il ritmo non sa di mirtillo acerbo




e piegarsi sulla bianca pagina di un diario




il meglio dell'ispirazione fa in un fiato




dileguare.




Chiamatemi così: pazzo, deserto testimone




di un deserto da percorrere in una torrida




estate, senza acqua raccolta nella gobba




di un domestico dromedario, e la mia poesia




definitela con crudeltà e livore come lubrica,




oscena, interessata e manigolda consigliera




di sventura o furto di anime giovanili




in cerca di nuove reincarnazioni.




Sappiate però che brucio di gioia, di allegria




feroce dentro la mia casa buia, prigioniero




di calamitose idee, slabbrando la mia merda




in privata visione senza lo scempio




di immagini e talenti altrui.




Sono un genio geniale che la vita spassa da un dolore all'altro,




teatrale,




senza ferite apparenti che non siano d'amore,




piaghe purulente lasciate da una donna




fatale che nessuno conosce.




Slabbro la mia merda in privata visione:




ghirigori collettivi e birbanti.




Muratemi in una galera




con la bibbia e i santi.




Dario Bellezza
(nella foto di Massimo Consoli Dario Bellezza nel 1971)

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