L’AUTORE A CHI LEGGE
IL principal oggetto, che io mi son proposto nello stendere questa narrazione critico-Storica è stato l’eccitamento, che io desidero nel cuore de’ Fedeli Cristiani, d’una santa, e tenera divozione verso l’amorosissimo nostro Redentore Gesù Cristo in corrispondenza di questo segnalato pegno d’affetto, che tra gli altri infiniti si degnò Egli lasciarci sù questa terra col fortunato possesso del suo Sacros. PREPUZIO che esiste nella terra di Calcata feudo dell’Eccell.ma Casa Sinibaldi. Ne viene da ciò per illazione legittima che mal si apporrebbe colui, il quale credesse di rinvenire in quest’Opuscolo od una severa critica, od una erudizione ricercata, o una dimostrazione rigorosa. La prova dell’esistenza di una Reliquia non può di sua natura portarsi ad un punto ch’ecceda una morale certezza, e ciascuno debb’esser persuaso, che non tollerandolo l’indole del soggetto sarebbe temerità pretender dimostrazione, ove la dimostrazione non può aver luogo. Raccoglierò quindi sotto un solo punto di vista que’ monumenti, che mi si sono affacciati, dopo la più minuta ricerca; per vendicare l’esistenza in terra, e segnatamente in Calcata, della preziosa Reliquia del SS. PREPUZIO; certo per una parte, che questi non la provano ad evidenza per rintuzzar l’intemperante critica di certuni, certo per l’altra, che alla evidenza supplisce una ragionevolissima probabilità capace di appagare l’illuminato non meno che il più Fedele, il quale sa ciò che debbe bastare in somiglianti materie. La definizione della Chiesa forma la rigida prova pel Cattolico per vendicare il culto dovuto in genere alle SS. Reliquie, e per abbatter l’errore già condannato negl’Iconoclasti e da San Gregorio II, e dal settimo Ecum. Conc.; ma non è necessaria poi, come diceva, quando trattasi in particolare dell’esistenza di qualche sacro avanzo degli eroi che ci hanno preceduto, perchè non n’è suscettibile, e perchè non verificata totalmente una determinata Reliquia, non può dedursene ch’esistendo non sia un oggetto della nostra venerazione. Dal mio canto dunque mi studierò di sviluppare tutti gli argomenti di credibilità per l’oggetto, che mi sono proposto, onde resti salva, per quanto si può, l’autenticità del S. Prepuzio, e così crescano le occasioni di muover a divozione i Fedeli, che è il fine principale di questa qualunque sia Opera mia. Che se ai monumenti che saranno da me rapportati si unisca connesso indissolubile, e la non interrotta tradizione de’ Fedeli, e le Indulgenze a larga copia concesse dai Pontefici, ed il culto che ha sempre riscosso, troveremo che maggiore d’assai sarà il fondamento del nostro assunto, e che l’una cosa sostenendo l’altra, non può l’intelletto non persuadersi, che una Reliquia sì insigne ha tutt’i caratteri di una indubitabile veracità.
CAPO I.
Premesse necessarie.
Qual fosse sempre mai nel cuor de' Cattolici l'affetto, e quale della fervida lor Pietà la riverenza, e la stima verso i Cadaveri de' Santi, o loro Reliquie, lo mostrano e l’impegno della Chiesa nel l’opporsi agl’Isaurici, ed ai Copronimi, e le Urne preziose, entro cui conservansi, e la rarità delle gemme, che in gran copia le adornano. In qual alto credito sien poi soprattutto rimasti que' Sagri Pegni, che nel tenero amor suo verso noi degnossi lasciarci il gran Santo de’ Santi nostro unico mediatore Gesù Cristo, testimoni ne' sono i lunghi, e disastrosi Pellegrinaggi, e che da climi ancor lontani persone d'ogni grado alla giornata per venerarli intraprendono, Che però si crede privilegiata quella Nazione, favorita quella Città, Terra, o Castello, cui toccò in sorte l’avere ne’ suoi Tempi qualche piccolissima porzione di simili adorate Reliquie, e fu impegno de' Nazionali applicare le penne de' più eruditi a farne lor vanto, a pubblicarne l'antichità del possesso, e difenderlo ancor, se d'uopo fosse, dalla taccia d’insussistente, e da chi venisse in preterizione d'arrogarlo a se proprio. Ne abbiamo un illustre, e non sì facile a comendarsi, perchè troppo elevato esempio, dal zelo fervoroso del Sommo Pontefice Benedetto XIV., la di cui venerabile penna per onore di Bologna sua Patria, già una volta sua Sposa, pria che il noto suo merito gli coronasse le sagre tempia co’ triregni del Vaticano, impegnossi nel Tom. 3. delle sue eruditissime Notificazioni alla pag. 144. Notific. 8. a validargli il possesso del Cranio di S. Anna Madre di Maria sempre Vergine, donato dal B. Cardinal Albergati a’ suoi Monaci Cartusiani, e custodito con gelosa pietà nell’Oratorio a detta Santa dedicato nel loro Ospizio alla Strada di Sant'Isaia.
Posto ciò è ben certo, che dopo l’Augustissimo Sagramento dell'Eucaristia, nella quale vivo, e vero ci fa adorare la fede, il nostro Salvator Gesù Cristo, quale nacque di Maria Vergine, quale convisse fra noi, e quale siede nell’Empireo alla destra del divin suo Padre, non vi è fra le altre Reliquie di Lui una che più del Sagrosanto Prepuzio, col meritare speciali gli ossequj, debba egualmente impegnare la gloria di chi lo possiede a farne suo vanto. E n’è ben degno un sì prezioso Tesoro; essendo porzione di quel divinissimo Corpo, che con sublime non più udito artificio nelle purissime Viscere della Vergine, formò lo Spirito Santo, e primo rimarco de' dolori, che per redimerci cominciò a soffrire ancor Bambino.
CAPO II.
Discussione Teologica sull’esistenza
del SS. Prepuzio.
Prima che m’impegni nell’Istorica narrazione di questa Venerabilissima Reliquia, è necessario provare, che l’esistenza di quella in questa Terra niente ripugna all’integrità della Resurrezione di Gesù Cristo; cosicché possa essere qui rimasta l’adorata Membrana, ed egli glorioso, ed intero sia volato al Cielo. Purtroppo tutti i Teologi dopo S. Giovanni Damasceno insegnano, che quod Verbum Divinum semel assumpsit, nunquam dimisit, anzi è di fede ciò che cogli altri Padri asserisce del Redentore S. Atanasio cum omni integritate resurrexit. Ora consistendo tal integrità, e perfezione nel numero compito, e perfetto di tutte le parti del Corpo umano, se il Prepuzio esiste in Calcata, potrebbe dirsi, che a Gesù Cristo in Cielo manchi questa parte, la quale come tutte le altre concorre a formare l’integrità, e perfezione del Corpo. Ma chi vorrà ciò asserire? Se in ogni uomo che risorge alla gloria riparate saranno tutte le parti del Corpo, come S. Matteo al cap. 10., Vestri autem capilli Capitis omnes numerati sunt, e S. Luca al capo 21., Capillus de Capite vestro non peribit; quanto più dovea ciò avverarsi nel Salvatore, la risurrezione del di cui Corpo fu l'esempio, e il modello di tutti quelli, che conseguir doveano la gloria della Risurrezione medesima?
Tre strade ànno tenuto i Dottori per isciogliere questa grave difficoltà. Noi le accenneremo di volo, ma senza che la brevità nuoca all'intento. La prima è fondata sulla dottrina di S. Tommaso, seconde la quale quella Proposizione di sopra accennata, e sostenuta comunemente dai Teologi, quod Verbum &c. deve spiegarsi in senso morale, e non in senso fisico; cioè, che il Divin Verbo non à mai dimessa alcuna di quelle parti del Corpo, che all’integrità del medesimo fosse necessaria; non già, che debba intendersi delle minime particelle, senza le quali l’integrità del Corpo può aversi, e si ha senza meno, e che alla verità della Risurrezione non appartenevano. Così viene inteso S. Tommaso (in summ, quæst. 54. art. 2. ad 3.) Quindi spiegando la mente dell'Angelico suo Maestro, il celebre Carlo Billizari nella tua Opera intitolata Summ. S. Thom. hodiernis &c. così sù questo articolo la interpreta: Hoc verificatur moraliter de tote Sanguine, qui fuit necessarius ad integritatem Corporis in statu Resurrectionis, non vero physice de tota omnino etiam minimus &c. particulis non necessariis. E venendo lo stesso Interprete a dedurne, che nei tre giorni della morte il Sangue di Cristo fu unito ipostaticamente al Divin verbo, quia resumendum erat in Corpore resurgente, conchiude, secus dicendum de Præputio, & Sanguine effuso in Circumcisione, quia non erant assumenda in Resurrectione.
Una seconda strada à tenuto il Serafico S. Bonaventura, la di cui autorità fu citata nella celebre quistione insorta tra i PP. Domenicani, e Francescani intorno al Sangue di Cristo, se nei tre giorni separato dal Corpo, rimanesse o nò unito alla Divinità. La Disputa , di cui fa menzione Pio II. nel Lib. II. de’ suoi Commentarj, fu acremente sostenuta da ambe le parti avanti il Papa, e Cardinali, ed il lodato Pontefice nel citato luogo così al nostro proposito si spiega; Cum dicimus, quod assumpsit non dimisit, realem assumptionem, & dimissionem accipimus, ad substantias refertur, non ad inania nomina, & accidentia, quæ per se nihil sunt,.. & per hoc objectioni respondentur, quæ sit de Præputio Domini, sive apud Lateranum, sive alibi conservate. Ait enim Bonaventura in 4. Sentent. Pelliculam illam præcisam vel non fuisse de Carne secundum speciem, sed Divina dispensationem parum aliquid secundum materiam, ut daretur nobis ad devotionem more Reliquiarum &c., e il lodato S. Bonaventura conchiude nel cit. Lib. delle Sentenze: Non fallimus Religionem de Præputio ubicumque sit conservata in Terra ejus Pellicula, seu Caruncula exsecta, sed aimus, illic non esse Divinitatem conjunctam, cum non sit ibi species, aut pars formalis de Christi Corpore sumpta.
La terza finalmente è del dottissimo Francesco Suarez de Incarnat. part. 2. disput. 47. sect. I. Ecco le sue parole: «Ad traditionem, seu Historiam referentem particulam illam Praeputii Christi servari adhuc in Ecclesia, respondetur... ex sententia Divi Augustini, et Divi Thomae, non esse ad veram Resurrectionem simpliciter necessarium, ut omnes partes materiales Corporis ex iisdem numero partibus materiae constent, ex quibus prius constabant, sed sat esse, ut totum constet ex eadem materia tota, et ad majorem perfectionem satis etiam esse, ut principales partes seu organicae etc. omnino eaedem sint, et eaedem materiae; quod vero minima aliqua materialis pars interdum ex alia materia suppleatur, nihil obstat tam veritati, quam perfectioni Resurrectionis praesertim si illamet materia fuit aliquando pars ejusdem Corporis. Sic igitur in praesenti dici potest Corpus resurgens habuisse Praeputium formatum ex aliqua parte materiae illius, quae aliquando fuit in Corpore Christi, Particulam verò illam, quae in Circumcisione abscissa fuerat, relictam esse in Terris ad Fidelium devotionem. Hoc modo servatur integritas Corporis Christi resurgentis, et Fides humana, et Traditio.»
Qualunque di queste tre Sentenze si abbracci, a noi poco rileva, interessati, come siamo, soltanto ad asserire, che non si può negare l’esistenza del Sagrosanto Prepuzio in Calcata, in qualunque maniera poi debba teologicamente spiegarsi una tale esistenza. Insegnano le leggi del raziocinio, che l’ignorar la maniera di esistere di una cosa non porta seco l'inesistenza della cosa medesima, e che un fatto d'altronde provato nulla teme l’impercettibilità del come quel fatto medesimo spiegar si debba. Conchiudiamo questo Capitolo con Consalvo Durante Vescovo di Faenza al Tom. 2. delle Annot. Alle Rivel. di S. Brigida pag. 127. Siccome, dice egli, il Divino Verbo a mostrare la verità nella nostra passibile Carne da se assunta fè, che nel Corpo suo glorioso vi rimanessero le cicatrici delle piaghe fattevi dai chiodi, e dalla lancia, così per più irrefragabile conferma, lasciò a’ nostri occhi esposta l'adorata Membrana; e nella maniera, che Gesù Cristo per osservare la Legge volle essere circonciso, così in riprova di tale osservanza conveniva, che ne lasciasse questo evidente attestato. In oltre essendo il Prepuzio un segno distintivo di quella Nazione, che era allora a Lui diletta; dovea presso tutti rimaner manifesto, che nell’averla osservata lo stesso Legislatore, la Legge era Divina; da che ne viene in chiaro, che egli apparirà circonciso, come tutti gli altri della Discendenza di Abramo, e nulla di meno il di Lui Corpo sarà intiero, bastando a salvarne l'integrità, che risorgesse qual visse, riportando in se le rappresentanze di quella Nazione, da cui discese, e l’adempimento di una Legge da se promulgata. Stabilito un tal fondamento, che per quanto mi sembra, non può ammetter risposta almen plausibile, giacche nasce dal carattere, che ha doppio il nostro Redentore, di Capo non meno de’ Gentili, che degl’Israeliti, ai quali si protesta egli nell’Evangelio ch’era venuto ad annunziar prima che agli altri la sua Religione; stabilito, dissi, un tal fondamento, che se sembra inconcludente ad una smodata critica, sembra però ragionevole a chi le prove valuta in proporzione dell’indole del soggetto, passo a parlare di quelle notizie che convengono al Racconto di cui si tratta.
CAPO III.
Prime Notizie del Sagrosanto Prepuzio.
La Vergine Santissima fu la prima Custode prescelta di questa preziosissima Reliquia recisa otto giorni dopo la nascita al Pargoletto Gesù. Il P. Suarez dice, essere stato ciò verisimile, e consentaneo alla carità della Vergine. Alfonso Salmeron (Tom. 3. in Evang. Tratt. 36. pag. 320.) sostiene anch’esso tal pia e ragionevol credenza: «Beata Virgo annulum Circumcisionis diligentissime ut rem pretiosissimam conservasse fertur, quem antequam in Coelum conscenderet, ut fama est, Beatae Mariae Magdalenae custodiendum reliquit etc.» Per una maggior probabilità di quanto dicono gli accennati Autori, per non dire per una totale certezza è da riflettere che la Circoncisione di Cristo, non accadde già, come cel rappresenta la fantastica arte della Pittura, che non si fa mai scrupolo di seguire la verità della Storia, non accadde, dissi, nel Tempio, ma sì bene nel luogo del di lui nascimento. Ciò è tanto certo, quanto è vero, che per la legge delle Puerpere data agli Ebrei, non poteva la Donna dopo il parto entrar nel Tempio se non 40. giorni dopo il parto; legge, a cui aver obedito rigidamente la Beatissima Vergine cel dice e la di lei santissima vita, e l'Evangelio medesimo, ove sta scritto = Postquam impleti sunt dies purgationis Mariae secundum legem Moysi etc. = Ora la circoncisione fu eseguita otto giorni dopo il nascimento di Cristo = postquam consummati sunt dies octo ut circumcideretur puer = Dunque accadde nel luogo del suo nascimento; e quindi com'è possibile imaginare che la membrana recisa non sia stata gelosamente custodita dalla di lui Madre conscia de’ santi misterj, ed appieno istrutta del pregio di quella carne santissima? Io per me credo che questa sia una dimostrazione incapace di replica. Sull’altro punto però, che la Vergine lasciasse a S. Maria Maddalena di questo Tesoro la custodia, non tutti gli Autori convengono; anzi la più comune sentenza è, che giunto il momento della di lei fortunata Assunzione la raccomandasse al diletto suo Custode Giovanni con quel Sangue, che dalle cicatrici dell’estinto Cadavere asterse officiosa prima di darle sepoltura. Da lui le preziose reliquie passarono in altre pie mani sempre nascoste rimanendo alla furiosa rabbia de' persecutori del Nazareno, i quali cercavano di struggere tutto ciò, che riguardar potesse la nostra Sagrosanta Religione. Volendo però Iddio misericordiosissimo ricompensare la pietà di Carlo Magno, Lui prescelse per fortunato possessore di questa insigne Reliquia. Ma siccome la calamità de’ tempi l’avea fatte rimaner sepolte nell'oscurità, un'Angelo fu spedito apposta dal Cielo per portare a quel degno Principe un sì bel dono. Innumerabili sono gli Autori, che in questo convengono. Il B. Giacomo de Voragine Vescovo di Genova nella sua aurea Leggenda per la Festa della Circoncisione dice: «De Carne autem Circumcisionis Domini dicimus, quod eam Carolo Magno Angelus attulit». Così il citato Salmeron, così Giovanni Battista Signo nel Reliquiario al Cap. I. Præputium legimus ab Angelo delatum Carolo Magno. Questo piissimo Monarca ricevute in Gerosolima queste Santissime memorie le trasportò in Aquisgrana collocandole onorificamente nella Chiesa di Santa Maria.
CAPO IV.
Come si possano conciliare diversi autori
su i primi Trasporti del Sacrosanto
Prepuzio.
Come suol accadere, che più città contrastino tra di loro il pregio di voler frutto del proprio suolo qualche Personaggio; che siasi distinto singolarmente o nella letteraria palestra, o nelle armi, o abbia con mente creatrice prestato rimarcabile servigio alla umanità: così e con molto più di ragione suol anche succedere di qualche Santa Spoglia di quegli uomini fortunati, che son passati a godere la Corona delle loro vittorie. Ma quanto più meritamente dovea questa bella gara nascere per una Reliquia, per una piccola Spoglia di quella Carne purissima, che ha vestito il Santo de’ Santi Gesù Cristo? E così appunto è avvenuto. Più Autori, e tutti gravissimi sembra a prima vista, che combattano tra di loro. I succitati, cioè il B. Giacomo, Alfonso Salmeron, ed altri son di parere, che lo stesso Carlo Magno da Aquisgrana trasportasse in Carosio il prezioso tesoro. Il lodato Signio al luogo riferito: Præputium legimus ab Angelo delatum Carolo, qui postea in ejus nomine Monasterium de Corrosio Pictaviensis Diœcesis ædificavit, & Corrosium a Carne illa circumcisa, idest præputiata nuncupavit, All'opposto il Cardinal Fieschi, il Panvinio nelle sette Chiese di Roma, Pietro Natali nel Catalogo de’ Santi lib. 2. Cap. 27. verso il fine, ed altri, pretendono, che Carlo Calvo ritogliesse da Aquisgrana la venerata Pellicola, ed Egli la collocasse nella Chiesa di S. Salvatore in Caroso. Giovanni Diacono poi presso al Cardinal Cesare Rasponi pag. 264. riferisce, che nei tempi di S. Leone III. (sarebbe circa 70. anni prima del secondo trasporto, che si suppone fatto da Carlo Calvo) il Sagrosanto Prepuzio fosse da Carlo Magno riposto in una Croce d'oro adorna di giacinti regalato al lodato Santo Pontefice per la Basilica Costantiniana dopo essere da esso coronato Imperatore dell’Occidente nel giorno di Natale l’anno 800. di nostra salute al dir di Alfonso Ciacconio nella vita di S. Leone M. Papa Tom. I. Anno 796. col. 564. Intanto Anversa prova ad evidenza il suo possesso quasi contemporaneo di questo Tesoro. Di fatti evvi una Testimoniale di Teobaldo Arcivescovo Bisontino, un'altra di Giovanni Vescovo Carmecense; un Breve di Eugenio Papa nel 1446 ed altri molti argomenti riportati dopo un rigido esame, che da ogni pagina traluce, nella sua inimitabile Opera da Giovanni Bollando al Tom. I. della Festa della Circoncisione, L'opinione di Sinforiano Campeggio riferita dal Loerio nel suo Lib. 4. Cap. 6. in questi termini: «Synphorianus Campeggius Libello &c. ait, Anicii in Alvernia, quod Oppidum nunc de Puteo dicitur, Præputium Dominicum, ac Araonis mitram, seu Infulam sollicite servari» tale opinione; dico, essendo mancante di altro fondamento almeno a me noto, par che meriti appena di essere prodotta. Come dunque si combinano Sentenze così contrarie? Per non negare a tanti Autori la Fede , e per far, che ci assista di Giovanni Diacono il Rapporto, come il più antico, e perciò più degno di fede; è assolutamente necessaria una Supposizione molto verisimile in tali ritrovamenti. Abbiamo detto di sopra, che il Sagrosanto Prepuzio, e quelle goccie di Sangue, che asterso avea Maria Santissima dall'estinto Cadavere del suo Divin Figlio, unitamente fossero nascoste per sottrarle al furore dei persecutori. Queste da un Angelo ebbe in dono Carlo Magno, ed Egli regalò a San Leone l’adorabilissimo Prepuzio; le goccie di Sangue poi rimaste in Aquisgrana, e collocate in distinto Reliquiario furono in appresso di Carlo Calvo trasferite in Caroso, e queste furono quelle, che passarono in Anversa credute communemente parte del Prepuzio, essendo ancor questo rubicondo. Senza una così probabile supposizione è affatto impossibile conciliar tra di loro gli Autori, anzi neppur potrebbesi venire in cognizione del come, e da chi fosse portato il Prepuzio alla primaria sua Sposa, cioè la Chiesa Romana , e posto già da gran tempo nel Sancta Sanctorum, cosa, in cui tutti gli Autori di sopra citati d’unanime sentimento convengono, e che noi dimostriamo nel capo seguente.
CAPO V.
Dove fosse conservato il Sacrosanto Prepuzio
donato da Carlo Magno a
S. Leone III.
Non abbiamo bisogno a questo proposito di concordare apparenti Contradizioni. Tutti gli Autori, che trattano di questa materia, ad una voce asseriscono, che il Sacrosanto Prepuzio fin dall'anno 800. di nostra salute fu collocato, e conservato nell’Oratorio di S. Lorenzo al Sancta Sanctorum, luogo esistente nel medesimo Sagro Palazzo Lateranense. Ce ne fa per tutti autentica fede la descrizione dello stesso Santuario manuscritta nel Codice Marchianense fatta dal Collegio di Burges della Compagnia di Gesù. Così ivi si legge: «In eodem Sacro Lateranensi Palatio est quoddam S. Laurenti Oratorium, in quo tria sanctissima computantur Altaria: Primum in Arca Cypressina, quam Leo III. condidit, tres Capsæ sunt. In una est Crux de auro purissimo adornata gemmis, & lapidibus pretiosis, idest Hyacinthis, & Smaragdis; & in media Cruce illa est Præputium Circumcisionis Domini, & desuper inuncta est Balsamo, & singulis annis eadem Unctio renovatur, quando D. Papa cum Cardinalibus facit processionem in Exaltatione S. Crucis ab ipsa Sancti Laurentii Ecclesia in Ecclesiam Sancti Joannis. Et in alia Capsa argentea, & deaurata cum historiis est Crux de Smalto depicta, & infra est Crux Domini Nostri Jesu Christi. In tertia Capsa, quæ est argentea, sunt Sandalia, idest Calceamenta Domini». Lo stesso ci dice Marco Attilio Serrano nella sua Opera sulle Sette Chiese di Roma pag. 71., e il lodato Vescovo di Genova, il B. Giacomo di Voragine, Onofrio Panvinio nel suo libro delle sette Chiese di Roma, Silvestro Pietrasanta della Compagnia di Gesù nella prima Centuria delle sue metafore, il P. Liborio Sinischalchi nell’opuscolo intitolato: Il Martirio del Cuor di Maria, i Manoscritti della stessa Basilica Lateranense conservati nei Registri Capitolari, e Mr. Rocca Agostiniano, che nell'opera sua fa un'elegante dissertazione su questo argomento, e molti altri de' quali fa onorevole menzione l'immortal Gio. Bollando nel primo giorno di Gennaio fra quali merita specialmente d'esser nominato Sisto IV. de Sanguine Christi verit. 7., e finalmente le rivelazioni di S. Brigida al cap. 112.
CAPO VI.
Dal Sancta Sanctorum fu trasportato in
Calcata.
Dunque l’inapprezzabil tesoro di cui parliamo esisteva già nel Sancta Sanctorum prezioso dono dell'Imperator Carlo Magno. Converrebbe negar fede alla Tradizione, e far'uso di una critica smoderata a guisa del celebre P. Arduino, o dirò meglio di uno sfrontato Scetticismo per porre in dubbio questa verità contestata da tanti autori gravissimi. Ma quanto è certo che per sette e più secoli ha in detto venerabile luogo riscosse le adorazioni la santa pellicola, altrettanto è indubitato, che ivi più non esiste sono omai più di trecento anni. Come dunque, e dove fu essa trasportata? Non possiamo su tal particolare partirci un momento dal racconto, che ce ne fa l’Eminentissimo Cardinal di Toledo nei Commentari sopra l'Evangelio di S. Luca Cap. 2. Annot. 31. pag. 180. Allorché, così egli ci narra questa istoria, le Milizie di Carlo V. Imperatore il giorno 6. di Maggio dell'anno 1527. sotto la condotta di Carlo Borbone poste le Scale alle Mura di Roma dalla parte destra del Vaticano, passarono per assediare Castel S. Angelo, in tal circostanza buona parte delle Truppe infette dell’Eresia trascorse a dar sacco alla vaga Metropoli dell’universo, e con fierezza tutta propria de’ Luterani incaniti, sfavillanti diabolico furore, oltre le stragi, le ruberie, gl’insulti, co' quali attaccarono il Popolo smarrito, diedero il guasto a quanto se gli fè incontro di Sagro, fin nelle Chiese senz'ombra di rispetto a quell’Iddio, di cui avevano adulterata la fede, e pretendeano profanare la Religione. Nel bollore del sacrilego Saccheggio una squadra infame di Predatori rotte le Porte del Sancta Sanctorum, ed infrante quelle adorate Custodie, nelle quali eran racchiuse molte insigni Reliquie quante più poterono, ne tolsero. Nella divisione delle sacrileghe prede toccò ad un Soldato una cassettina d'acciajo ben chiusa, con cui sedati già della Città i tumulti, e calmato l’impeto ostile, partissene da Roma coll’empia idea di far uso a suo tempo di quell’oro, ed argento, che quivi credeva nascondersi. Non volle però il benignissimo Iddio, che si dilungasse molto dal centro della Religione Cattolica l’adorato Doposito, sicché l’iniquo fuggitivo dopo circa 20. miglia di cammino arrestato da alcuni Contadini, fu condotto a Calcata, dove in luogo di Carcere fu chiuso in una Grotta scavata nel Tufo. Intimorito il miserabile tra quelle angustie, che nel cadergli sopra se gli trovasse indosso il sacrilego Furto, quivi lo nascose sotto al letame. Sarebbe di nuovo rimasto ignoto il Sacrosanto Prepuzio, se quell’altissima Providenza, che segretamente guidato l'avea anche per opera d'un indegno ad onori cospicui, non avesse ricondotto verso Roma l'involatore scelerato, Quivi infermatosi, e nell’Ospedale di S. Spirito in Sassia venuto agli estremi del vivere, palesò al Sacerdote il furto da se nascosto in un Castello, di cui non sovvenivagli il nome, attestandogli sibbene, che era soggetto ai Signori Anguillara. Portata tale notizia al Sommo Pontefice Clemente VII., ordinò a Gio. Battista Anguillara una diligente ricerca ne’ suoi Feudi di Stabia, Calcata, e Mazzano. All’onor del comando corrispose il Conte con accurata premura, ma tutto in vano, perchè nulla trovossi. Finalmente nel mese di Ottobre dell’anno 1557. toccò al degno Curato di Calcata la felice sorte di rinvenirlo nella sopradetta Grotta congiunta alla Chiesa sull’ingresso del Paese a man sinistra. Portò il Sacerdote a Maddalena Strozzi Moglie di Flaminio Anguillara dimorante allora in Stabia un miglio lungi da Calcata, il piccolo Scrigno, qual'era lungo mezzo palmo, alto quattro dita con coperchio arcuato al di sopra. Aprillo pertanto la nobilissima Femmina alla presenza del Sacerdote, di Clarice sua Figliuola fanciulla di sette in otto anni maritata poscia con Sciarra Colonna, e di Lucrezia Orsini Vedova del defunto Giovan Battista Anguillara, e dentro ritrovovvi involtini di tela, ciascuno de’ quali annesso avea in cartoline ben polite il nome, raso però dalla lunghezza del tempo, che appena potea leggersi. Erano in essi varie Reliquie de’ Santi, e tra le più riguardevoli trovossi una particella di Carne del S. Martire Valentino, della grossezza di una noce, e parea allor'appunto dal vivo Corpo recisa; Parte della Mascella con un dente di S. Marta Sorella di S. Maria Maddalena. Vennesi a sciogliere un Fagottino bianco, a cui era sopra scritto il venerando nome di Gesù. Ma nel provarsi Maddalena a quell’opera, la prima, e la seconda volta le si irrigidirono le mani. Stupefatta all’evento la Nobil Dama , pregò fra se stessa Iddio, perchè le riuscisse scioglierlo, e tentò di nuovo quell’opera, ma le dita di ambe le mani se le insodirono a guisa di duro metallo, onde rimase inabile a toccare quel Sagro Gruppo. Lo spettacolo ricolmò di stupore gli Astanti, e più di tutti Maddalena, che lo provava in se. Presaga allora di ciò che era, Lucrezia Orsini, crederei disse, che vi si contenga il Prepuzio di Gesù Cristo, del quale il Pontefice Clemente VII. già sono tanti anni, impose a Giovanbattista mio Marito la ricerca. Ma che! Finì appena l'accortissima Matrona il suo dire, che dal Gruppetto sorse una fraganza non più intesa, superiore ad ogni umano senso, che oltre alla Camera di quel divoto Congresso, si diffuse per tutto il Palazzo. Prive perciò di consiglio, e dal timore sorprese quelle Signore smarrite non sapeano cosa risolvere. Quando il Sacerdote presente consigliolle d'applicare a quell'opera le mani della buona Verginella Clarice, e nell'aver aderito al consiglio le nobili Matrone, l’effetto vinse l’aspettazione. Sciolse felicemente Clarice il Gruppo, lo sviluppò, e separatone il Santissimo Prepuzio, lo depose in un Bacile d'argento. (E qual'altre mani, se non quelle di una Verginella innocente aveano potuto toccare quel fragmento adorato, reciso da un Corpo impastato di Virgineo sangue, nel purissimo Seno di Maria?) Era il Santo Prepuzio denso, e crespo in figura d'un Cece rosso, la fragranza, che trasfuse, durò due giorni nelle mani di Clarice, e della Madre. Si diè poscia da questa sesto alle altre Reliquie, tutte collocandole in nuove borsettini di seta, che ne trasmettevano odore, né vi era difficoltà nello svolgerle per evidenza maggiore, e prodigio. Postele in fine con divota riverenza nello stesso piccolo Scrigno consegnollo Maddalena al Sacerdote, perchè la riportasse in Calcata, ove erano state ritrovate nella Chiesa de' SS. Cornelio, e Cipriano. Volendo poi l'amorosissimo Iddio rimettere nel pristino a Lei ben dovuto decoro la Reliquia adorata, non lasciò di servirsi di quelli inaffiamenti opportuni, de’ quali al parere di S. Gregorio Magno ebbe bisogno anche la Fede nel primo suo nascimento. Si videro dunque strepitosi Miracoli operar da Dio in quell’occasione. Ma per attenerci alla prefissa brevità ne descriveremo due più strepitosi, uno all'altro consecutivo, i quali raccontano Autori gravissimi, e particolarmente il Cardinal Francesco di Toledo nel luogo succitato, Giovanni Diacono presso al Cardinal Cesare Rasponi, Silvestro Pietrosanta della Compagnia di Gesù nella prima Centuria delle sue metafore, Giovanni Bollando Tom. I. Fest. Circumcis., e finalmente esistono nell’Archivio di S. Giovanni in Laterano tali Memorie, come asserisce Monsignor Rocca nella lodata Dissertazione de Præput., come può vedersi dai Registri Capitolari di quella Patriarcale.
CAPO VII.
Prodigi operati da Dio a Gloria
del Santo Prepuzio.
Nell’anno 1559. il primo di Gennajo processionalmente portaronsi a venerare le ritrovate Reliquie alcune Donne della Compagnia di Sant’Orsola da Mazzano luogo un miglio distante da Calcata con molti uomini, e fanciulli di seguito portando Candele e Torcie in mano accese. Giunta a Calcata la pia Comitiva si prostrarono tutti genuflessi su' quel piano, che riguarda la porta della Chiesa, e con la stessa positura entrati ne’ sagri liminari, passarono supplichevole istanza all’Arciprete, uomo di vita incolpabile, acciò si degnasse mostrargli il Santo Prepuzio. Condiscendendo alla divota richiesta il pio Sacerdote, toltolo dal Sagrario, ove conservavasi chiuso, lo pose sull’Altare. O meraviglia! Ecco all'improvviso una nuvola a ricoprire la Reliquia , il Sacerdote, l’Altare, passata a dilatarsi per tutto il Tempio, con tal densità, che per lo spazio di quattro ore in circa niuno scorgeva il vicino; scorrendo nel tempo stesso quà e là precipitose stelle, e lampi di fuoco. Qual fosse lo smarrimento, quali i gemiti, e le voci affannose degli astanti sopraffatti da quella biancheggiante improvvisa nuvola, abbagliati da quell’incessante lampeggiar di luce, non è sì facile ad esprimersi; è ben certo che in ogni bocca risuonava la stessa voce interrotta da affannosi singhiozzi, che implorava pietà. In tale sorpresa vi fù chi si diè animo a salire sul Campanile chiamando le genti da' Paesi vicini con straordinario suono delle Campane. In effetto di che non potendo più contenere le angustie della Chiesa la moltitudine accorsa, gli esclusi montarono sul Tetto; e colla rimozione de' Coppi si fecero l’adito per rimirare il prodigioso Avvenimento. Sentì da lungi, ove erasi portato alla Caccia il Conte Flaminio Padrone di Calcata quello straordinario suonare, e con sollecita premura spedì un suo Servo ad indagarne il motivo. Tornò velocissimo il Messo riportando al suo Signore, aver veduto nella Chiesa, e nuvole, e Stelle, e fiamme, e gran moltitudine, onde si mosse a gran fretta il Conte, ma non giunse in tempo, perchè al suo arrivo il tutto disparve, gli attestò bensì tutto il Sacerdote, e gli soggiunse dippiù (piangendone di tenerezza) d'essere stato in tutto quello spazio di tempo totalmente astratto da sensi.
La rarità del narrato Miracolo nell’esporsi la Sagra Reliquia diè occasione ad un altro di non minore riguardo. Portatasi la Contessa Maddalena Strozzi in Roma di lì a non molto ragguagliò il Pontefice Paolo IV. di tutto l’accaduto; onde spedì questa prestamente Pipinello, ed Attilio Cenci Canonici di S. Giovanni in Laterano, perchè se ne certificassero. Venuti pertanto a Calcata i Canonici chiamarono avanti se le tre sopraccennate Illustrissime Signore e fattosi portare lo Scrignolo le richiesero, se esso, e le Reliquie, che v’eran dentro, eran li stessi, che due anni avanti dicevano essergli state arrecate in Stabbia dal Sacerdote, che le ritrovò. Affermarono le Signore di sì, e ne fù segnato Atto publico, come del rimanente notando i presenti. Dopo ciò Pipinello Cenci il primo de' Canonici tenendo con due dita dell’una, e l’altra mano il Sagrosanto Prepuzio, provossi a premerlo per scorgere se fosse arrendevole, o nò. E mentre troppo incauto con troppo vigore il compresse, lo divise in due parti, rimasta l’una della grossezza d’un picciolissimo Cece, l’altra d’un granellino di seme di Canapa: Oh prodigio! Oh stupore! Sembrò sdegnarsi a quel fatto il Cielo, oscurandosi d’improviso l’Aria, sparita, a giorno altrove chiarissimo, da quel sito ogni luce, aggiuntovi l’orrore di tuoni, e folgori, ed accresciuto lo spavento, da cui parevan i Circostanti ridotti all’agonia. Cessato con il motivo il terrore, furon fatte riporre al loro luogo le Reliquie, e li Canonici ritornati in Roma assicurarono il Pontefice della verità sussistente nell’accaduto comprovata ancora da sì stupendi Prodigj. Riconosciuto il tutto con tanta autenticità, i Canonici Lateranensi di mala voglia si videro privi del prezioso Tesoro, quindi è che uniti capitolarmente diedero commissione a Giacomo Prancario e ad Accarisio Squarcioni Concanonici di adoperare ogni diligenza, affinchè la Sagratissima Reliquia da Calcata fosse riportata alla Chiesa Lateranese. Ed il detto Accarisio avendone parlato con il Sommo Pontefice, ne intavolò trattato sulla detta ristituzione. Quanto asserisco, leggesi nei citati Registri Capitolari di San Gio: in Laterano Reg. 34 fol. 157., die 8. Februar. 1603., «Commiserunt RR. DD. Jacobo Francario, & Accarisio Squarcioni, ut omnimodam adhibeant diligentiam, ut Sacratissima Reliquia Preputii Salvatoris Domini Nostri Jesu Christi a Calcata restituatur, & reducatur Ecclesiæ Lateranensi, e fol. 160., 8. Martii 1603. leggesi: Fuit relatum a Domino Accarisio, quod Ss.mus Dominus Noster tractat reducere, & reponere, Præputium Domini Nostri Jesu Christi, & propterea commiserunt Eidem, ut omnimodam in hoc diligentiam adhibeat, ut sortiatur effectus». Buon per Calcata, che tali Determinazioni sospese rimanessero, e che perciò essa abbia continuato, continui, e sia per continuare nel fortunato possesso del Ven. Fragmento dell'Umanità di Cristo.
CAPO VIII.
Luogo, in cui conservasi il Santo Prepuzio.
Calcata già Feudo della nobilissima Casa Anguillara mancata nel Conte Carlo Figlio de! Conte Lorenzo, e di Arfidia Sinibaldi, passata poi sotto il dominio dell'Eccellentissima Casa Sinibaldi, alla quale oggi appartiene: nel dominio spirituale dipende dal Vescovo di Civita Castellana. La sua situazione è distante da Roma a misura di strada (al dir di Plinio lib. 3. cap. 15.) per la via Flaminia miglia 27. in quella parte di Toscana, che per diretto è tra Rignano e Monteroso. Tra Civita-Castellana, e Calcata si suppone, che situato fosse l'antico Fescennio, benché molti contro il parere di Dionigio Alicarnasseo vogliono, che quivi fosse Veja posta da lui non più che dodici miglia distante da Roma. È posta Calcata sopra una bellissima Rupe di giro quasi circolare ben largamente estesa nel fondo a figura di scarpa. Nella di lei falda, che riguarda la montagna di Soriano vi scorre quell’istesso canale, che gira sotto Civita, detto volgarmente da quei paesani Tuvia. Ha per ogni parte il riparo di alte Rupi, che in vaga natural simmetria la circondano, e danno il comodo ad ameno passeggio. A sinistra dell'ingresso, dove si va per una cupa strada scavata nel tufo, evvi la Chiesa de’ Ss. Cornelio, e Cipriano, in miglior forma dall'odierno Barone ridotta. In essa vi sono tre Altari contigui, e nel maggiore adornato a lavoro di pietre, e capricciosi stucchi fra le due colonne in vece di quadro, vi è una Custodia rabbescata di marmi preziosi nel prospetto, scavata nel muro al di dentro, chiusa con porticina di bronzo dorato, riguardata da tre chiavi, una delle quali si ritiene dall'Arciprete, e le altre dal Deputato del Sig. Marchese, che hanno il juspatronato della Chiesa. Dentro detta Custodia conservasi amovibile ricoperta sempre di ricco velo sostenuta da due Angeli in piede dell’altezza di un mezzo palmo sopra una base alta due dita, e piana di massiccio argento dorato, un orletto di oro a figura di vaso ovale con piede proporzionato che si apre a guisa di scatoletta, servendogli di coperchio imperiale corona arricchita di preziose gemme. Nella concavità interna dell'Urna foderata di bianco taffettà sotto un pulito cristallo si scorge a meraviglia asperso di sanguigne stille, e rosseggiante il Sagrosanto Prepuzio divino in due particelle, quali le abbiamo di sopra descritte, e nel giorno della Circoncisione si celebra ogni anno festa solenne. A promuovere la divozione di questo santissimo Tesoro furono impegnati i Sommi Pontefici fin dai primi tempi, che ne ebbe Calcata il fortunato possesso. In fatti nel 1584. Sisto V, ad istanza di Emilia Orsini cognata di Maddalena Strozzi Anguillara accordò Indulgenza Plenaria per il giorno della Circoncisione per dieci anni nella Chiesa, in cui esiste la Sagrosanta Reliquia. Con suo Breve spedito il dì 24. Novembre 1640. la concesse per sette anni Urbano VIII., per altrettanti prorogolla con suo Breve spedito il dì 13. Settembre 1647. Innocenzo X.; Alessandro VII. accordò parimente Indulgenza Plenaria per sette anni, come appare dal suo Breve sotto il dì 24. Decembre 1661. Finalmente la san. mem. di Benedetto XIII. la estese in perpetuo, come apparisce dalla Iscrizione, che si legge incisa nel marmo alla porta di essa Chiesa. Si ecciti dunque ogni Fedele ad un tenero affetto per un così segnalato benefizio; e se ci muove a divozione qualunque piccola spoglia de' Santi, come non dovrem noi disfarci in lagrime di tenerezza, e di gioja, e correre all'adorazione di questa preziosa membrana? Essa è una particella di quel purissimo corpo, che vestì il Figlio di Dio per la nostra Redenzione, essa è quella Venerabile Reliquia lasciata di se stesso alla sua Sposa la Chiesa come leggesi, lib. 2, Reg. 4 v. 7.: Si non sit viro mea nomen, et Reliquia super terram.
Autori, che trattano del Sagrosanto Prepuzio,
o riguardo alla sua Storia, o riguardo
alla sua esistenza in genere.
S. Thom. q. 2. ad 3.
Carolus Billizani in op. Summa D. Thomæ hodiernis accadem. morib. accomodata.
Pius II. lib. 2. Commcntar.
S. Bonaventura in 4. Senten.
Franciscus Suarez de Incarnat. p. 2. disput. 47. sec. I.
Consalvus Durante Episcopus Januensis t. 2. annot. ad revelat. S. Birgit. pag. 127.
Alfonsus Salmeron tom. 3. in Evang. tract. 3. pag. 320.
B. Jacobus de Vorag. Episcopus Januen. in legend. aurea de Circumcis.
Jo. Baptista Signius in suo Reliquiario cap. I.
Cardinale Fieschi Arch. de Ruentis.
Onuphrius Pamfinius de 7. Urbis Eccles.
Petrus de Natalibus in cathalogo Sanct. Lib. 2. cap. 27.
Joannes Diaconus apud Cardinalem Caesarem Rusponi.
Alfonsus Ciacconius in vita S. Leonis III. Tom. I. ann. 796. col. 564.
Theobaldus Archiepiscopus Bisontinus
Joannes Episcopus Cameracensis.
Eugenius IV. in suo Brevi anni 1446.
Joannes Bollandus in I. diem Ianuarii.
Symphorianus Campegius de quo.
Loerius lib. 4. cap. 6.
Codex MS. Marchianensis et Burgensis Soc. I
Marcus Attilius Serranus de 7. Urbis Eccl.
Silvester Petrasancta in Centuria prima.
Sixtus IV de Sanguine Christi.
R.P.D. Rocca Sacrorum Praef.
Cardinalis Franciscus Toledo in Evang. Lucae c. 2.
Ex Regestis Capitularibus Basilicae Lateranensis.
Sixtus V. in suo brevi anni 1584.
Urbanus VIII. in suo brevi 1604.
Innocentius III. de lllust. Missae lib. 4.
Innocentius X. in suo brevi 1647.
Alexander VII. 1661.
Benedictus XIII.
Menochius de Vita Christi.
Jacobus Philippus e Bergamo in supplem. ad Cron. an. 801.
Joannes Sylveira tom. 1. pag. 223. n. 3. Gonet. disputat. 9. n. 149. let. B.
P. Liborius Sinischalchi in opusc. inscrip. Martirio del cuor di Maria.
IMPRIMATUR,
Si videbitur Reverendissimo Patri Sacri Palatii Apostolici Magistro.
Benedictus Fenaja Congregationis Missionis Archiep.
Philippen. Vicesgerens.
IMPRIMATUR,
Fr. Thomas Vincentius Pani Ordinis Predicatorum Sac. Pal Apost. Magist.
Nessun commento:
Posta un commento