è il senso,
l'unico, qui, dove siamo;
qui, dove i lucenti fasci delle arterie
battono contro il tempo,
felici oltre ogni ingiuria
o legge della piccola, sprovveduta cavità
urlante trombe, editti, idioti anatemi.
Gridano e urlano i voli del sangue;
le vene raggrumano il senso d'esistere
provvisori ed eterni;
garofani e gigli,
gigli e garofani;
ritmo ineluttabile, atroce
tra corde di vita.
Tutto si tende,
s'approssima, s'allontana;
alternanza continua,
cieca, folle;
la gioia,
l'infinita gioia d'esistere
si prova e riprova nel nonsenso del sangue.
…
Ora;
ora è l'attimo, l'istante.
Le nubi si gonfiano,
atroci si feriscono, immense;
s'erigono oltre i profili del mondo;
si scatena la pioggia,
infinita protesta di madri,
disperati sensi, figli, fiori
tra carni,
tu,
io,
sempre
la pioggia, il vento
il calore del fuoco in corsa
nei grembi di garofani e gigli.
L'eterno si libera a trionfo
nell'arco enorme di vita.
Urla, sì:
vita!
Impeti, sangue,
spermi,
catastrofi,
abissi…
Ora., sì;
ora tu sei
ed io!
. . . . . . . .
. . . . . . . .
poi, nell'immane silenzio,
nella grande, infinita stanchezza dei corpi;
nella calda, dorata brina del sangue che si scioglie;
nel lamento dell'umana fatica;
nella luce inconsulta del tutto,
nel nulla…
Fetonte è morto.
Grida con me:
Fetonte è morto..
Ora la terra può aprire
la sua tomba d'editti, anatemi e rovine.
Grida con me, nel silenzio.
Guarda:
ora può.
Noi, qui, abbiamo perduto
e vinto.
Da I Trionfi (1965) di Giovanni Testori
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