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martedì 18 gennaio 2011

Le mura di Damasco

August, seduto al tavolino tondo di un bar, sta sul palco, avvolto nel buio.
Appoggiato a un bastone, immobile, pare che attenda qualcosa, spossato, triste, vuoto come un automa spento.
Dal fondo del teatro avanza un giovanotto alto, con un cappello di paglia alla francese, portando tra le mani un vecchio libro polveroso.La sua voce si eleva alta, distaccata,quasi impersonale.

Uomo: “Scriverò ancora! E il teatro non sarà più quello di prima” (apre il libro e legge) “La forma sarà quella incoerente ma apparentemente logica del sogno, in cui tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Tempo e spazio non esistono; esperienze, ricordi, fantasticherie si mescolano ad assurdità e improvvisazioni, i personaggi si scindono e si sdoppiano, si moltiplicano, svaniscono, si rimaterializzano. Ma c’è una coscienza che sta sopra di tutti loro: quella di colui che sta sognando. Per lui non ci sono segreti né incoerenze, né scrupoli né leggi. Egli non giudica, non assolve. Si limita a riferire…” (chiude il libro). 1894…sul finire dell’inverno. L’uomo che vedete su quel palco si chiama August Johan Strindberg. Uno scrittore svedese. Abbastanza famoso…In questi ultimi cinque anni, però, sta attraversando una crisi devastante. Lui la chiama: L’Inferno. Il Mio…il Nostro Inferno! Incapace di scrivere, errabondo per l’Europa, cerca rifugio nella scienza…e nell’occultismo. E tra formule chimiche e spiritiche visioni arriva ad affermare di essere in grado, nientemeno, che di creare l’oro! Afflitto da insonnia, mania di persecuzione, incubi, s’aggira come un  viandante attorno all’unico centro, quello verso cui inevitabilmente conduce ogni vera Strada Maestra: Dio! E medita di ritirarsi in un convento, presso i Domenicani. Ma verso quale Damasco il nuovo Saulo di Tarso si starà avviando?…(riapre il libro) “L’assenzio delle sei alla Trattoria dei Lillà è diventato l’unico mio vizio, la mia ultima gioia. E’ il momento in cui il lavoro della giornata è finito, l’anima e il corpo sono esausti, e io mi rifugio nel seno della verde bevanda, con una sigaretta e un giornale. Ma probabilmente le Potenze Supreme m’invidiano quest’ora di beatitudine: perché il Maligno ritorna” (chiude il libro) Si amico mio. Sei arrivato al punto di non ritorno. Le Mura di Damasco sono ormai davanti a te…E non si vede la fine. E il Maligno ritorna. Insieme alle tue creature.

L’uomo si allontana, la luce illumina lentamente parte della scena. Dal fondo della sala si muovono due figure femminili. Sono vestite allo stesso modo, una in rosso, una in bianco. La prima porta un candelabro di candele accese, l’altra un candelabro di candele spente. Entrambe sussurrano angosciate “August!” tra il pubblico. Avanzano verso il palco, poi vi salgono e scompaiono tra le quinte. La luce diventa più forte, August riprende vita e faticosamente riprende a parlare.



August: Sei mesi sono passati. E io passeggio ancora sui bastioni, lasciando vagare lo sguardo sul manicomio. E spio da lontano la striscia blu del mare. Di là verrà l’Era Nuova, la Nuova Religione che il mondo sogna! Il nero inverno è sotterrato, i campi rinverdiscono, gli alberi sono in fiore, l’usignolo canta nel giardino dell’Osservatorio…ma la tristezza dell’inverno pesa sugli spiriti, a causa di tanti avvenimenti sinistri, di tanti fatti inspiegabili che hanno turbato anche i più increduli. Le insonnie aumentano, le crisi di nervi si moltiplicano, le visioni s’infittiscono e veri miracoli si compiono…si aspetta Qualcosa.
Uomo: (leggendo, attraversa il palco) “La Svezia appare come un fumo, il fumo di un Avana, e il sole lassù in alto è come un sigaro mezzo spento. Ma intorno all’orizzonte i frangenti fiammeggiano come fuochi di bengala…e illuminano la nostra miseria”

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Le mura di Damasco di Sergio Scorzillo è una Elaborazione drammaturgica dalle opere di Strindberg 

messo in scena dalla Compagnia Amici della Prosa di Milano, è stato anche utilizzato nei laboratori della Scuola del Teatro Stabile di Torino

il testo è tutelato dalla DOR Siae

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