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mercoledì 19 gennaio 2011

Incubo


Urlò. 
Era appena salito sulla torre ed era entrato nello stanzino, grande come un fazzoletto, senza pavimento (si era insudiciato i piedi con la terra, anzi quasi sembrava fango). 
Era avanzato verso il lettuccio (paglia e stracci che puzzavano di rancido), si era coricato e aveva fissato gli occhi sul soffitto. 
E poi il soffitto era cominciato a calare. 
Piano. 
Le travi, alcune travi, quelle al centro, erano disposte in modo da sembrare, fantasticamente, delle fauci. 
Un ghigno volgare. 
Calava vorace. 
Verso il petto. 
Piano. 
Il senso d'oppressione. 
Soffoco! Soffoco! 
Poi all'improvviso i sensi che se ne vanno, che si allontanano veloci, e allora non era più nella stanza della torre, ma nella cava. 
E c'era là la pietra. rettangolare. 
Cioè un parallelepipedo. 
Regolare. 
Quasi affilato negli spigoli. 
E i paramenti sacri poggiati quasi a caso su un masso scolpito a forma di testa. 
Come sull'enciclopedia. 
L'isola di Pasqua, già. 
Il vento muoveva il mantello. 
Ne sollevava gli orli. 
Per un lungo istante il mantello rimase sollevato, con la sua croce viola ricamata e i suoi pizzi bianchi. 
Non si sentì il vento fischiare, per un lungo istante. 
Trattenne il respiro. 
Poi lo presero da dietro, sembrava dalla nuca, e lo sollevarono e lo scaraventarono avanti. 
Gli premettero la tempia sul gelo del sasso ma non aveva paura. Sentì le mani scivolargli lungo i fianchi, viscide. 
"Hic et nunc". 
Gli strapparono i pantaloni ma non avvertì il minimo cambiamento di temperatura, anche se "fuori" c'era il vento. 
Sentì delle tapparelle che sbattevano. 
Un ta-ta-ta-ta continuo. 
Poi le mani si staccarono dal corpo (c'era un "corpo"?) e volarono in avanti. 
Ora le intravedeva con il filo dello sguardo. 
Stavano fluttuando come ali quando si materializzò la spada. 
Vide Gesù sull'elsa. 
L'elsa restò impigliata tra le dita, mentre fu la lama che schizzò in avanti. 
Non avvertì il minimo cambiamento di temperatura, anche se il dolore fu lancinante. 
La testa restò lì, con gli occhi aperti, mentre il resto scivolava indietro. 


Incubo è un racconto di Sergio Scorzillo
tutti i diritti riservati

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