Un malato di AIDS perso tra allucinazioni e ricordi in attesa della fine
A C. che ha voluto passare la soglia
Era nel cassetto a fianco del letto, tra caramelle e fazzoletti di carta.
Lo faccio per amore di verità, perché non voglio che si creino equivoci.
Perché era un amico, un amico vero, uno come pochi.
Non ho aggiunto né tolto nulla...
certo è discontinuo, a volte precipitoso, a volte confuso, ma sempre sincero.
Ho solo cambiato tutti i nomi, per ovvi motivi...
...Sono certo che, se lo sapesse, ne sarebbe contento...
Gli piaceva tanto scrivere.
Capitolo primo
La porta
Adesso si apre la porta e viene avanti una ragazzina.
Avrà si e no quindici anni, i seni ben formati provocanti, quasi lattice, gomma, e avanza nella stanza sulle sue scarpettine da tennis sporche ai bordi di terra.
Si siederà di fronte a me sulla sedia di paglia, dall'altra parte del tavolino, dall'altra parte dei miei occhi, dall'altra parte dei miei sogni e le darò soddisfazione studiandomela per benino.
Capelli lunghi sottilissimi neri, di un nero corvo con qualche riflesso blu. Certo li spazzola ogni mattina; forse anche ogni sera prima di coricarsi. Cento spazzolate!...E spazzola di ferro, mi raccomando!...
Le ciglia lunghe, pure nere, che toccano quasi le sopracciglia piccole e le danno un'aria da bambola.
Gli occhi son grandi, due pozzi senza fondo, ti ci potresti buttare, potendo, e il nasino un accenno, un vezzoso svolazzo su labbra di burro. Che lei adopera per insolentirmi.
Le spinge un po' avanti, le socchiude di un poco e le lucida e bagna di seguito, con un guizzo di lingua lascivo.
Una maglietta giallina, di cotone comune, con un girocollo e uno stemma sul petto.
Ed eccolo il petto, protendersi sotto la maglia, diviso in due blocchi di ghiaccio che gridano toccami e aspettano solo di essere liberi.
Un paio di bianchi calzoni rialzati al ginocchio e due gambe sottili, e due piedi minuti si intuiscono dentro le scarpe da tennis.
Intanto risponde al mio sguardo inquisitore col suo risoluto da gatta, da chi vuole qualcosa, si aspetta una mossa.
Forse aspetta che la prenda per i fianchi sollevandola di peso, e che la porti più in là, la rovesci sul letto e la spogli, senza un dubbio di convenienza. senza considerare come altro (potrei sbagliarmi, non è vero??) quello sguardo che vedo provocante.
Potrei cominciare a parlarle del moto dei corpi celesti, sentire cosa ne pensa di Galileo e come sarebbe possibile conciliare in futuro scoperte scientifiche e dogmi cristiani, fingendo di non accorgermi che ha all'improvviso e come per caso allargato le gambe e si è un po' accasciata sulla sedia di traverso, spostando il peso su un fianco e la maglietta le si è un po' alzata sul fianco opposto e lascia intravedere un triangolino di pelle nuda.
Forse sarebbe interessata al fatto che penso spesso alla morte, che credo in un aldilà solo energetico, in un Eterno Presente e che mi faccio problemi quando cammino tra la folla.
Non so se ne sarebbe interessata.
Posso prevedere ciò che farà tra un istante.
Comincerà a sfilarsi la magliettina e non saprò più che fare.
Poi farà scendere lo zip e continuerà con il resto dei pantaloni e con le mutandine minuscole e farà volare tutto in quell'angolo là in fondo e abbasserò gli occhi imbarazzato.
No.
Adesso si apre la porta e viene avanti un vecchio.
Si trascina piano appoggiandosi al bastone e fa strisciare il piede sinistro sul pavimento.
SSSSCH...SSSSCH...SSSSCH...
Si porta alla sedia, si appoggia allo schienale e si siede con fatica, spingendo avanti sotto il tavolino, diritta, la gamba malata.
Le due mani rugose sull'impugnatura del bastone, il mento sulle mani.
Ha un'aria consapevole, assorta e intorpidita, di chi è venuto per una ragione che però può aspettare.
La verità può aspettare sempre.
E' la menzogna che ha bisogno di essere spinta avanti.
Ha le palpebre abbassate non completamente.
Intravedo due occhi umidi e marroni.
E' calata una sorta di gelo nella stanza.
Rabbrividisco ma di piacere.
Il vecchio fa schioccare la lingua e mi sembra un segnale.
Gli racconto la trama del mio ennesimo progetto-libro e ne approfitto per fargli delle domande sulla guerra del 15-18 (cui sicuramente ha partecipato), su come riuscivano a procurarsi il pane la moglie e i figli (che sicuramente lo aspettavano a casa), sui compagni d'armi e sulle notti all'addiaccio.
E quel calore benedetto che dava il cordiale nell'attesa.
Ma poi mi fermo a osservare quella gamba secca, che si immagina scheletrica sotto i pantaloni larghi di fustagno, e quelle scarpacce da contadino e guardo i capelli radi, le borse sotto gli occhi e le rughe (rughe che lo divorano, che gli soffocano tutto il corpo) e allora non so più continuare.
E vorrei che parlasse subito. Mi dicesse subito quel che ha da dirmi e poi se ne andasse.
Perché comincio a temere di assomigliargli.
No.
Adesso si apre al porta e viene avanti un uomo.
La porta si aprì e venne avanti Antonio.
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Rinascerò a Gantogk è un romanzo di Sergio Scorzillo
che ha partecipato al Premio Montblanc per il romanzo giovane
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