Fascisti ! Cittadini !
Io credo di interpretare esattamente il vostro pensiero ringraziando l'amico De Ambris che ci ha intrattenuto su un tema delicato e complesso e di grande attualità. II problema è chiaro. La nazione italiana è come una grande famiglia. Le casse sono vuote. Chi deve riempirle ? Noi, forse ? Noi che non possediamo case, automobili, banche, miniere, terre, fabbriche, banconote ? Chi può « deve » pagare. Chi può deve sborsare. Non si liquida la situazione spaventevole del dopoguerra, dal punto di vista finanziario, se non si ricorre a misure radicali. A mali estremi, rimedi eroici. Nel momento attuale quella che proponiamo è l'espropriazione fiscale; l'altra è opera dei sindacati operai, i quali potranno assumere la gestione delle fabbriche soltanto a condizioni date che oggi esistono ancora ne-la loro necessaria pienezza. Delle due l'una: o i beati possidenti si autoesproprieranno e allora non vi saranno crisi violente, perché noi, per i primi, aborriamo dalla violenza fra gente della stessa razza e che vive sotto lo stesso cielo; o saranno ciechi, sordi, tirchi, cinici e allora noi convoglieremo le masse dei combattenti verso questi ostacoli e li travolgeremo. È l'ora dei sacrifici per tutti. Chi non ha dato il sangue, dia il denaro. Chi ha malamente impinguato i forzieri, li vuoti in nome e nell'interesse superiore della collettività nazionale.
Chi non sente nell'ora che volge questi doveri è un disertore e come tale sarà trattato. Io credo che imitando un esempio venuto dall'alto, una specie di autoespropriazione partita dal Quirinale, anche i più intelligenti dei ricchi comprenderanno che l'ora dei sordidi egoismi è tramontata. Noi fascisti intraprenderemo una propaganda indiavolata e riusciremo a scardinare la porta dei privilegi iniqui che non vogliono morire, per dare posto a più giuste forme di convivenza umana.
Viva i combattenti che si accingeranno all'opera santa nelle trincee dell'interno! Viva il grande popolo italiano degno dei migliori destini!
(Una grande acclamazione accoglie il discorso sintetico di Mussolini, il quale scende dal tavolo e viene baciato e abbracciato dai più vicini).
Discorso pronunciato da Benito Mussolini a Milano, nella palestra delle scuole di Corso di Porta Romana 10, la sera del 9 giugno 1919, dopo la conferenza di Alceste De Ambris sul tema: I problemi finanziari del dopoguerra: l'espropriazione parziale del capitale.
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