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sabato 19 febbraio 2011

Quello che volevo da me

Ogni vita è una moltitudine di giorni, uno dopo l'altro.
Noi camminiamo attraverso noi stessi incontrando ladroni, spettri, giganti, vecchi, giovani, mogli, vedove, fratelli adulterini.
Ma sempre incontrando noi stessi
James Joyce
Dalla scena seconda: Il fatto in sé
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(il giovane seduto sulla sedia ha le mani libere, ora,  ma le tiene incrociate sul petto. L'altro in ginocchio tiene il piatto con una mano e con una forchetta tenta di imboccarlo)

Claudio
Oh, andiamo! Sembri un bambinetto dispettoso!
Cazzo, te l'ho preparato con tanto amore!...
Va bene, peggio per te. Me lo mangio io, vedi? Uhm...una favola.
Forse che pensavi fosse avvelenato?! Mi credi così imbecille? E cosa me ne faccio di un cadavere come il tuo? Sei già stronzo da vivo...(l'altro ha uno scatto, lo fissa infastidito)
Ah, una reazione, finalmente. E' la parola stronzo, allora. Ditemi di tutto ma non brutto stronzo. Buono a sapersi. (mangia)
Stronzo! (mangia) Stronzo! (mangia. Mostra il piatto vuoto) Stronzo! E adesso fino a domani alle dodici e mezza niente. Si: una volta al giorno. Così avrai fame e non farai più lo (si china sul suo orecchio) stronzo! (appoggia il piatto a terra e si allaccia una scarpa) Allora se vuoi sapere dove siamo, te lo dico. In montagna. Milleduecento metri. Questa baracca me l'ha lasciata mio padre. Lo sapevi che era morto, no? Tumore al cervello. Non credo che sia una cosa piacevole, anche se mi dicono che non soffri. Lui almeno sembrava proprio che non soffrisse, partiva solo con la memoria e con il coordinamento...Ma lasciamo stare, sennò dici che parlo sempre di morti. Siamo a milledue, signorsì. Un gran bel posto, sai.
Isolato, soprattutto isolato.
Il rifugio ideale.
No, non per un rapimento...
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Alberto
Sei tu che vomiti!
Sono tre giorni che non fai altro che vomitarmi addosso la tua filosofia da pidocchioso.
Il mondo non è come vuoi tu, non lo è mai stato e mai lo sarà.
Non siamo qui per vivere noi....
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dalla prefazione di Paolo di Sacco:


Sulla scena di Quello che volevo da me ci sono due trentenni: gente che ascoltava i Pink Floyd, eredi del sessantotto e dintorni. Claudio e Alberto sono i fantasmi di una generazione che fa fatica a crescere e che, volente o nolente, finisce per compiacersi della propria inadeguatezza. Il narcisismo, l'assenza di scrupoli, il possesso, l'apparire...Nessuno o quasi si indigna più. E' (lo è diventata) la filosofia di Alberto, "il figlio del padrone".....In questo senso il dramma è anche un esame di coscienza collettivo: non tanto su una stagione storica e pubblica (i riferimenti restano lontani, sfumati, com'è giusto che sia), quanto sui suoi prodotti umani. La traiettoria della scena ci propone fantasmi squisitamente personali, in un processo di esorcizzazione e mascheramento. Il passato è un ingombrante cadavere di cui non riusciamo a sbarazzarci....


Quello che volevo da me è una commedia di Sergio Scorzillo


Questo testo ha vinto il premio Carlo d'Angelo al premio Nazionale Vallecorsi nel 1992


E' pubblicato da Rugginenti editore
Tutelato da DOR/Siae
Tutti i diritti riservati

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