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martedì 15 febbraio 2011

Al dio ignoto






Il Percorso salvifico è una strada segnata dalle passioni e dalle miserie umane: il cammino è arduo, tortuoso, verso orizzonti a volte indecifrabili. Al di là c'è Dio, anzi Cristo. L'iter di questo dramma è condotto dall'autore lungo due linee parallele: quella dell'attore su sé stesso e quella di un cattolicesimo con la sua fede e le sue contraddizioni: in un alternarsi di dubbi e certezze si acuisce il bisogno di identità spirituale in un dialogo fra laicismo e spiritualità dinanzi al grande enigma della storia cristiana: la Resurrezione.

"Questo di avere una speranza, di ripetere una certezza, di offrire al termine di un lungo travaglio una verità autentica, che conti davvero per gli uomini sofferenti di oggi e di domani, mi pare il compito vero del teatro, il compito che ci veniva indicato dal nostro indimenticabile Silvio D'Amico, a cui voglio dedicare questa rappresentazione.
Il nostro è tempo di apocalisse. Spesso a volere interpretare i segni che i tempi ci offrono sembra si tratti di un'apocalisse di sterminio, di conflitti sanguinosi, di morte senza speranza, ma il mio compito di autore cristiano ha voluto essere esplicitamente questo Al Dio Ignoto, quello di indicare invece una grande speranza: che è la speranza nella resurrezione offerta a ciascuno di noi, individualmente, e alla società e alle nazioni. E' compito eccezionale che mi sono proposto, e ne sono stato consapevole, se è vero che conoscendo i limiti delle mie forze di poesia e di incentività, ho eletto come collaboratori uomini Eliot, Shakespeare, Blok e Dostoevskij. Amici che mi hanno accompagnato fin dagli anni della adolescenza e a cui devo tanto della mia formazione artistica e umana".

Diego Fabbri

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