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sabato 26 febbraio 2011

L’io collettivo è guidato ad autodeterminarsi e ad esprimer sé molto più da gli istinti o libidini vitali

Una veridica istoria degli aggregati umani e de’ loro appetiti, dico una storia erotica dell’uman genere e degl’impulsi fagici e de’ venerei che lo suspingono ad atti, e delle sublimazioni o pseudo-sublimazioni pragmatiche di quelli, io mi credo ci rivelerebbono le cose inaudite: altro da «non voglio udire certe cose»! Il grande valore e ’l difficilmente contestabile merito di molti mémoires, come anche di quel genere di scritture che dimandiamo «romanzi» e confessioni, ed autobiografie, o lettere di madama a madama, in ciò consiste: che ne danno in vario modo e registro una imagine totale della vita (quando la danno): le non si chetano alla simplicità d’alcuni temi, o punti, e né si contentano d’abstrarli per nobbile e pure alquanto asinino arbitrio dal totale contesto d’una biologia. Intendi romanzi e mémoires e lettere lunghe d’oratori a palazzo e imbasciatori veritieri e di chi sappî fare, e prima l’abbî l’occhî a vedere: e ’l naso aguto a fiutare. Se uno l’è un cervellino d’un càgnolo che mi va zoppo alla cerca de’ tartufi, e si crede che i’ ttartufo l’è il fungo venenoso che gli sta sopra a piombo, e fuor da terra, dove di sotto gli è ascoso i’ ttartufo, be’, allora. Ma se uno gli è un porcello bono d’imbasciatore o di memoratore, lui non ha manco fiutato il sitìo, che già principia a rugumare, a biasciare, e soffiare, e ad annasar co’ i’ ggrifo, e a raspar con l’ugne de li zoccoli, che ci hanno codesti scrittori, codesti imbasciatori e codesti porci a le lor zampe davanti; e dài, e grufola, e fiuta, e soffia, e biascia, e raspa, insino a tanto non gli ha cavato fuora la patacha: senza pure lui l’abbi tocco, quel papavero d’un fungo ritto.

«Certe cose!» Vien via! Hè, hè: una veridica istoria degli appetiti e degli impulsi delle anime! e degli aggregati di anime!

A far principio dalla colendissima famiglia, «base della società»: com’è veduto; quando la spartana madre o la spartana zia un gli parea vero di darglielo ar Baffo, il nipote o ’l figlio: da farne cadavero a gelo, o a mare nostro, o a la duna d’i’ ddeserto: per la immortale gloria del Baffo. A principiare dalla «santità della famiglia», che da cantarne le laudi e letàne eterne mai ti bastavano i più dilicati adiettivi, nomi, verbi, sorrisi, dentifrici. Cui s’adiungessino gargarizzi infiniti, e tremori, e rossori, e scodinzolamenti e sculettamenti e basci, con profonda e interior commozione de le budella, catarri, broda, cacca e soffianasi. Nulla mi è più caro della famiglia (che non ho): ma la verità va proferita anche incontro a famiglia.

L’io collettivo è guidato ad autodeterminarsi e ad esprimer sé molto più da gli istinti o libidini vitali 



Carlo Emilio Gadda


(L'IMMAGINE è UN QUADRO DI EDOUARD-HENRY AVRIL)

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